Haiku on a Plum Tree
Attraverso la straordinaria e dura esperienza vissuta dalla famiglia Maraini, Mujah Maraini-Melehi racconta un capitolo ancora oscuro della storia giapponese, quello dei campi di prigionia. Presentato nella sezione Riflessi in prima mondiale alla 11° Festa del Cinema di Roma, il documentario Haiku on a Plum Tree (Haiku sull’albero del prugno) narra di quando Fosco Maraini, lettore di lingua italiana nell’università di Kyoto, insieme alla moglie Topazia - dell’antica nobile casata Alliata di Salaparuta – e alle tre figlie Dacia, Yuki e Toni, venne rinchiuso nel campo di concentramento di Tempuka a Nagoya a causa della non adesione alla Repubblica di Salò.
Ripercorrendo le vicende dei suoi nonni, delle zie e della madre Toni, la regista compie un viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio: un percorso nel taccuino dei ricordi familiari alla ricerca del proprio passato. Utilizzando materiali fotografici, documenti d’archivio inediti e interviste, Mujah Maraini-Melehi realizza un lavoro estremamente coinvolgente e poetico. Il grande pregio di quest’opera è infatti che, nonostante l’atrocità del tema trattato, l’aria che si respira in Haiku on a Plum Tree è di rilassante tranquillità, proprio come avviene nell’ascoltare un Haiku (breve poesia giapponese di 17 sillabe con metrica 5-7-5). Dalle pagine ingiallite del diario scritto segretamente dalla nonna Topazia, e da lei custodito nei lunghi mesi di reclusione, la cineasta al suo esordio cinematografico narra al pubblico le umiliazioni, la fame, i bombardamenti, lo scorbuto, il beri-beri, e soprattutto il coraggio di due protagonisti della cultura italiana moderna che non tradirono mai i propri ideali antifascisti.
Sì, perché l’eclettico Fosco Maraini, antropologo, scrittore, poeta, alpinista ed esperto conoscitore di cultura orientale, e Topazia, pittrice siciliana nonché gallerista d’avanguardia, erano una coppia giovane e anticonformista che, grazie al gesto di diniego verso Mussolini, inserì un cromosoma in più nella mappa genetica del DNA dei propri discendenti: quel cromosoma chiamato integrità morale.
La Maraini-Melehi riesce a condurre lo spettatore in un itinerario della memoria che parte da molto lontano, dalla vita felice e spensierata dei primi anni Trenta, quella dei balli nella villa Valguarnera nei pressi di Palermo, delle arrampicate sulle Dolomiti e della compagnia di amici in Toscana, per poi arrivare nel carico di orrori del Giappone della Seconda Guerra Mondiale e approdare infine nell’odierno Paese del Sol Levante.
Le forti voci femminili di Dacia, Toni, Topazia, e della stessa regista, coadiuvate dalla struggente musica del Maestro Ryuichi Sakamoto e dalla delicatezza di Basil Twist, che con il suo teatro di schermi giapponesi costituisce la cornice estetica della narrazione, rendono Haiku on a Plum Tree un’opera unica nel suo genere: un piccolo scrigno da aprire con garbo dove i ricordi e le emozioni sveleranno un profondo lascito familiare.
“Sono entrata in prigione con le mie gambe, forte della mia scelta e volontà morale”. Così diceva Topazia Alliata, una donna che fino a 102 anni visse orgogliosa della decisione presa.