Game therapy

Con l’amichevole partecipazione del dj Linus, nel corso della oltre ora e mezza di visione diretta da Ryan Travis abbiamo anche Leonardo Decarli e Daniele Sodano detto Zoda, ma gli youtuber che maggiormente troviamo in scena sono il Lorenzo Ostuni meglio conosciuto come Favij e Federico Clapis.

Infatti, superato un prologo che si rivela anche capace di lasciar emergere un certo sapore internazionale, troviamo il primo nei panni dell’intelligente ed ironico Francesco, prossimo alla fine della scuola e talmente appassionato di videogiochi da riuscire ad entrare nel mondo virtuale per trascinarvi dentro Giovanni, pluribocciato interpretato dal secondo e al quale propone, appunto, la Game therapy, ovvero il viaggio nell’arena dove sconfiggere le loro difficoltà.

Un’arena per evadere dalla realtà (oltre che agli psicologi e specialisti assortiti spesso convocati dai genitori di entrambi) e dove le leggi della fisica e della società sono superate; man mano che, tra escursioni a Kabul e una fuga con tanto di polizia su strade americane a bordo di un’automobile rubata, l’idea di partenza sembra quasi manifestarsi in qualità di miscela di rivisitazioni di elementi alla base di più o meno classici fanta-prodotti del calibro di Matrix, Il tagliaerbe e Johnny Mnemonic.

Sebbene, oltre alla situazione proro-Indiana Jones con serpenti striscianti coinvolti, non pochi siano gli aspetti che rimandano in maniera evidente ad una certa cinematografia per ragazzi risalente agli anni Ottanta; dalla sequenza in cui Francesco viene gettato nella spazzatura da un gruppetto di bulli come il Bastian de La storia infinita al fatto che Giovanni si trovi ad affrontare diversi livelli di gioco in maniera simile al protagonista del poco conosciuto b-movie Il demone delle galassie infernali.

Ma, mentre viene ribadito che anche l’universo può sorprendere se stesso e non risultano assenti neppure uno spettro e una festa in discoteca con sfida di ballo a punti, se da un lato l’insieme, tecnicamente, non appare poi tanto pessimo, dall’altro è impossibile sorvolare sulla parlata dal forte accento del Nord Italia alla cummenda sfoggiata dai vari personaggi, destinata soltanto a strappare risate involontarie per quanto ferocemente contrastante con la succitata internazionalità.

Tanto più che, nel marasma di recitazione non sempre convincente, alcuni degli attori dimostrano in maniera evidente di non essere affatto a conoscenza di cosa sia la dizione... al servizio di un’operazione che sarebbe potuta andare bene, probabilmente, per il web o il mercato dell’home video, ma il cui look generale, in fin dei conti, non si distacca molto da quello di una tanto ridicola quanto soporifera fiction televisiva milanese infarcita dove possibile di effetti visivi.