Gabo – Il Mondo di GarcÃa Márquez
“Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito...”. Chi ama Gabriel García Márquez avrà senz’altro riconosciuto il memorabile incipit del romanzo Cent’anni di solitudine, che nel 1982 gli valse il Premio Nobel.
Chiamato Gabo dagli amici, Márquez è stato l’autore-simbolo di un’intera generazione, di un continente e di una lingua: ma come riuscì a cambiare perfino la letteratura del XX secolo? Attraverso le parole di chi lo frequentò, parenti, amici e conoscitori della sua vita e delle sue opere, il bellissimo documentario Gabo – Il Mondo di García Márquez prova a rispondere a questa domanda. Senza mai incappare in sterili narrazioni, Justin Webster - regista e sceneggiatore britannico che abita da anni a Barcellona - presenta la biografia dello scrittore colombiano ripercorrendone le tappe più significative. Grazie alle tante testimonianze raccolte da Webster, e alle splendide immagini di repertorio, il pubblico potrà immergersi negli angoli chiave dell’infanzia e della gioventù di Márquez: Aracataca, il paese caraibico in cui visse insieme ai nonni fino all’età di nove anni; il postribolo dove perse la verginità; il fiume che dovette risalire per raggiungere la civilizzata Bogotà; la redazione dell’Espectador, che gli offrì la possibilità di lavorare come critico cinematografico; la piccola pensione che vide nascere i suoi primi racconti.
Il filo della memoria che segue luoghi e affetti del giovane Gabriel fa ben comprendere l'importanza che ebbero per lui sia le radici natie che la figura dei nonni: se Aracataca si trasformerà infatti nella Macondo della famiglia Buendìa, il realismo magico che si respira nel suo romanzo più famoso è frutto delle tante storie raccontategli dalla superstiziosa nonna Tranquilina. Certo, condensare l’esistenza di uomo in appena 90 minuti non è impresa facile, soprattutto poi se l’uomo in questione fu colui che con i suoi scritti fece riscoprire l’America Latina al mondo intero. Eppure, Justin Webster riesce a realizzare un documentario appassionante, poetico ed estremamente interessante in cui viene svelato il “vero” Márquez: un essere umano ossessionato dall’idea della morte e della solitudine.
Malgrado ciò, l’energia e la visione fantastica che Gabo seppe rappresentare nei suoi racconti, insieme ad una nuova forma di scrittura colma di espressioni lussureggianti e metafore, dimostrano quanta vitalità vi fosse nel suo animo. Già, perché la sua sfrenata ‘voglia di vita’ sembra materializzarsi in ogni personaggio che popola i suoi libri: la candida Eréndira, l’impulsivo e virile José Arcadio Buendía e il suo malinconico e tranquillo fratello Aureliano, l’innamorato Florentino Ariza, il donnaiolo Santiago Nasar e i sanguinari Pedro e Pablo Vicario… un’ interminabile parata di portatori sani di emozioni.
Ma, con Gabo – Il Mondo di García Márquez, si entra anche nella discussa amicizia tra lo scrittore sudamericano e Fidel Castro, un rapporto, il loro, che nonostante le molte interferenze perdurò nel tempo. Il ritratto che Webster fa del leggendario autore caraibico, amato da milioni di lettori, adorato dagli amici e stimato da importanti uomini politici – vedere un commosso Bill Clinton narrare di quando, per poter leggere il romanzo appena inviatogli da Márquez fece annullare tutti gli appuntamenti alla Casa Bianca, non ha prezzo – è un magnifico regalo da non perdere.
Gabo è morto all'età di 87 anni, il 17 Aprile 2014. Avrebbe mai potuto abbandonare la vita terrena in un giorno qualsiasi colui che, alla cerimonia per il Premio Nobel, preferì indossare il caraibico liquiliqui al posto del frac? Assolutamente no. Gabriel García Márquez se ne andò infatti un Giovedì Santo, proprio come l’Ursula Iguaran di Cento Anni di Solitudine: “Sempre inseguita dal lieve sussurro delle sue sottane di olanda”.