Free Fire: Pioggia di proiettili
Il grande filosofo tedesco Walter Benjamin sognava di pubblicare un libro composto unicamente da citazioni. Chissà se Ben Wheatley sia mai venuto a conoscenza di quest’originale trovata provocatoria, mentre dilatava il suo ultimo film, Free Fire, di omaggi al genere exploitation tanto in voga negli anni Settanta, quello di Sam Peckinpah e John Woo, tanto per intenderci. Di sicuro, il regista del discusso High Rise si è sentito come un pisello nel suo baccello alla notizia che la pellicola sarebbe stata prodotta dal Maestro Martin Scorsese in persona, l’autore a cui più di tutti Wheatley s’ispira.
Free Fire è un esercizio di grande stile, ma rimane pur sempre un esercizio di stile. Sterile? No, o meglio non proprio, perché a dircelo sono le angolazioni di scorcio della macchina da presa durante l’infinita sparatoria. Assolutamente niente da eccepire riguardo alla maniacalità con cui il regista cerca di far avvertire la presenza dei corpi dei personaggi in un campo di azione di pochi metri, senza scadere in un innaturale effetto coreografico. La vivacità del quadro è alimentata dal materiale di situazioni in continuo divenire, come la scoperta inaspettata di un apparecchio telefonico o l’entrata in scena di nuovi individui. In un impianto che più geometrico non si può, la violenza fisica trascende sempre nel sangue, schizzando di organico le vesti anni ’70 di questi criminali randagi costretti, senza un attimo di tregua, all’immobilità.
Magari, il frutto della comune fatica di Wheatley e della moglie Amy Jump è in grado di muovere i propri passi in perfetta autonomia, tuttavia non sa “parlare” al pubblico. E qui ritorna in ballo il discorso già affrontato all’inizio: Free Fire non possiede una voce personale, essendo il crogiolo di una serie di messe in scena che in altre epoche fecero la fortuna di altri registi. Le iene di Quentin Tarantino era già di per sé uno spunto fin troppo abusato, eppure il suo stallo alla messicana era ed è tutt’oggi una roba da far venire la pelle d’oca a qualsiasi spettatore.
Gli attori Cillian Murphy, Sharlto Copley, Armie Hammer, Michael Smiley fanno squadra tra loro, ma Brie Larson - unico personaggio femminile del film - è una spanna superiore a tutti. Un buon Premio Oscar non mente, mai.