Fratelli di sangue

Criminali si nasce e si muore, non vi sono altre strade.

È il Karim Antonio Capuano conosciuto soprattutto al pubblico televisivo – nonostante le partecipazioni ai lungometraggi cinematografici Il latitante di Ninì Grassia e Parentesi tonde di Michele Lunella – a figurare in qualità di produttore di Fratelli di sangue, debutto dietro la macchina da presa per il veneto classe 1983 Pietro Tamaro, proveniente dall’universo degli short (suo, tra l’altro, il Dead blood a base di zombi e vampiri). Il Karim Antonio Capuano che, oltretutto, veste i panni del famigerato boss Don Ferdinando, contro il quale sono due figure a portare avanti distinte lotte: il giovane commissario di polizia Teresa Lupi e l’Antonio detto il Camaleonte che ha appena finito di scontare dieci anni di carcere, ovvero Carlotta Morelli e il Francesco Rizzi anche sceneggiatore dell’operazione.

Operazione che, con quest’ultimo ossessionato dal pensiero di vendicare l’uccisione della sua famiglia, a cui ha assistito quando era bambino, si propone, quindi, di seguire parallelamente il mondo dei difensori dell’ordine e quello della malavita; rappresentato, tra l’altro, dalla banda di vecchi amici del protagonista che, intenti a prendere il controllo della zona, lo coinvolgono per sfidare proprio Don Ferdinando, sul quale indaga da tempo la poliziotta. Perché, man mano che non manca il consueto spargimento di cadaveri e che viene ribadito che nessun segreto è tale per chi controlla la città, è in maniera evidente alle varie tipologie di produzioni incentrate su romanzi criminali tricolori d’inizio XXI secolo che si riallaccia l’insieme, comprendente nel cast anche i veterani Maurizio Mattioli e Pier Maria Cecchini rispettivamente impegnati a ricoprire il ruolo del padre della donna e quello del questore Grimaldi.

Insieme che, efficacemente accompagnato dalle carpenteriane musiche di Marco”Giallo”Werba, si lascia tranquillamente guardare nonostante l’incerto ritmo generale su cui si costruisce, pur dovendo fare i conti, purtroppo, con i difetti tipici dei lavori indipendenti messi in piedi tra basso budget e mille difficoltà, dal look piuttosto vicino a quello di elaborati destinati al piccolo schermo a non sempre convincenti prove sfoderati dagli attori. Dei quali, comunque, Capuano, Rizzi e la Morelli sono stati premiati presso il New York City International Film Festival.