Fixeur
Radu ha circa trent’anni e vive in Romania, faceva il traduttore e ora è apprendista/mediatore presso un’emittente francese per diventare giornalista. Quando scoppia il caso di un giro di ragazze rumene vendute per prostituirsi al mercato francese, Radu è determinato a portare a casa il servizio, e guadagnarsi il suo primo vero pezzo come giornalista d’inchiesta. Insieme a un collega esperto e al cameraman della tv francese per cui lavora, Radu si organizza quindi per fare le interviste utili al caso, inclusa quella indispensabile ad Anca, una delle due ragazze da poco rimpatriate dalla Francia. Ma la ragazza ha solo 14 anni ed è ora in custodia presso una struttura di suore che non vuole che la ragazza sia intervistata. In quel frangente, la determinazione di Radu si mostrerà molto più forte degli ostacoli incontrati anche se poi, i risvolti etici e umani dell’intera vicenda intaccheranno il suo ‘arrivismo’ professionale e modificheranno in qualche modo anche il suo modo di relazionarsi con gli affetti: la compagna, e il figlio di lei Mati.
La Romania che non sbaglia un colpo presenta al Torino Film Festival 34 nella sezione Festa Mobile il Fixeur di Adrian Sitaru. La storia di un giovane aspirante giornalista risucchiato in un caso di prostituzione minorile e tratta di ragazze, serve al regista rumeno un piatto d’argento per realizzare un’opera finemente attuale e molto a fuoco sul tema dell’etica, specie in campo giornalistico, ma anche sul concetto di perfezionismo, arrivismo e smania di arrivare primi, quale che sia il prezzo da pagare.
Attraverso il parallelismo creato con la storia del piccolo Mati e delle sue competizioni di nuoto, Sitaru fa compiere al suo protagonista Radu un percorso di crescita che ancora una volta (come spesso abbiamo visto nel cinema rumeno contemporaneo – Mungiu in primis) è volto a mostrare le problematiche sociali di un paese intrappolato tra arretratezza e desiderio di emancipazione, povertà e voglia di colmare un divario economico ancora sensibile con il resto dell’Europa.
Asciutto ed essenziale, il film di Sitaru è un’opera che fa del confronto il suo linguaggio principale. Il confronto tra il protagonista Radu e il suo ‘lavoro’, ma soprattutto quello con il piccolo Mati, e la giovane Anca. Il messaggio morale forte che emerge dall’opera è infatti tutto contenuto nella determinazione di Radu che lascia lentamente il passo a una riflessione profonda sui valori veri da perseguire e sul male che può esser perpetrato da una società che va avanti solo per obiettivi senza mai fermarsi a comprendere ed ascoltare, e a ‘valorizzare’ i singoli che la costituiscono. I due ragazzi del film (Mati e Anca) sono due vittime di uno stesso mondo interessato solo al profitto, al successo, al risultato, bambini sfruttati – anche se a livelli molto diversi - per un altrui fine; ed è dunque da lì che Sitaru fa ripartire la propria legittima e sincera flessione sul mondo.
Narrativamente e registicamente solido, senza sbavature od omissioni di sorta, e arricchito da un paio di ‘punti di fuga’ utili ad alleviare il fardello dei temi tirati in ballo, Fixeur si attesta come uno dei film più compiuti transitati per il 34° Torino Film Festival, e segna un altro punto a favore del cinema rumeno (coproduzione Francia- Romania) sempre più alla ribalta.