Fiore gemello – Attualità e dolore in un film che mette il cuore ma resta troppo sospeso
In una Sardegna remota, selvaggia ed elevata a non-luogo, Basim è un immigrato clandestino proveniente dalla Costa d’Avorio e Anna la figlia di un trafficante di migranti. Il primo scappa da una realtà di miseria e mancata speranza, la seconda fugge dalle grinfie di un uomo che aspira a possederne corpo e giovinezza. Il primo ha smesso di fuggire, la seconda ha smesso di parlare. Uniti dall’incrocio “concettuale” delle loro stesse vite e messi, dal fato, l’uno sulla strada dell’altra, i due giovani seguiranno insieme un cammino di solidarietà attraverso lande brulle, caseggiati abbandonati, e paesotti semi-desertici abitati solo da stravaganti figuri, costruendo e consolidando poco alla volta la loro unione fatta di reciproca comprensione e fiducia. Proveranno, così facendo, a sottrarsi a un passato che li insegue a piè sospinto, per ritagliarsi uno spazio loro in quei luoghi unici in cui abita il loro dolore, ma anche la loro unica possibilità di futuro e, forse, felicità.
Alla sua opera seconda (la prima, Febbre da fieno è del 2011), Laura Luchetti porta al cinema una favola nera dal cuore tragico che vede al centro il dramma dei tanti migranti che ogni giorno affrontano un viaggio in bilico tra vita e morte pur di avere fatta salva la loro unica speranza di futuro. Attraverso la tematica portante, la Luchetti unisce e stringe la narrazione attorno ai suoi due bravi e bei protagonisti Basim e Anna, creando un contatto formale e occasionale che poi diventa (o almeno dovrebbe diventare) lungo la via emotivo e sostanziale.
Eppure, in una sospensione narrativa che diventa presto rarefazione estrema e ricerca di un lirismo non supportato dalla scrittura, e nell’accumulo di una serie di personaggi e tematiche che gravitano in maniera mai troppo convincente attorno al cuore della storia, Fiore Gemello perde presto il suo pathos e diventa un girovagare stanco attraverso i paesaggi e i tanti volti erranti della dinamica narrativa.
Nella girandola di tematiche e personaggi (gli immigrati, ma anche la violenza illustrata nelle sue svariate forme, la persecuzione, il desiderio sessuale) Fiore gemello ingloba troppi passaggi e infila troppe vie senza tenerne tuttavia il controllo. La bellezza dei due protagonisti e la loro marcia verso la salvezza (suggellata dalla bella scena nella vasca da bagno che sottolinea il guizzo registico comunque presente della regista) smarrisce dunque d’efficacia nel labirinto narrativo che da un lato lavora per sottrazione (minimalista anche se troppo naive nei dialoghi la sceneggiatura) e dall’altro tende ad accumulare elementi (molti naturalistici, alla maniera “malickiana”) ed espedienti. E in questo senso anche la ricerca di elevare la dimensione umana, operare una scavo nella psicologia dei personaggi associando i luoghi della mente agli elementi della Natura perdono a lungo andare d’efficacia dando un vita a un film sospeso, e fondamentalmente incompiuto.