Festa del Cinema di Roma: Mon garçon e l’imperdibile one man show di Guillaume Canet
Dopo Merry Christmas e L'Affaire Farewell, il regista francese Christian Carion torna a lavorare con Guillaume Canet in un noir secco, nervoso e intimo che vede Julien, un uomo il cui matrimonio è finito da tempo, pronto a tutto pur di ritrovare il figlio di appena sette anni scomparso nel nulla. Presentato tra i titoli della Selezione Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma, Mon garçon, girato in soli sei giorni, nonostante una sceneggiatura a volte accomodante riesce a coinvolgere il pubblico da inizio a fine proiezione.
Carion mette in scena una storia viscerale dove per il superfluo non c’è posto. Grazie a una narrazione asciutta e mai ridondante, il filmmaker d’oltralpe si concentra essenzialmente sul personaggio principale: un padre assente costretto a fare i conti sia con il suo senso di colpa che con le scelte passate. In questo thriller dai colori acidi e dalle atmosfere cupe, Guillaume Canet, oltre a bucare letteralmente il grande schermo, riesce a rendere talmente palpabile la disperazione di Julien che ogni atto di violenza da lui compiuto sarà percepito come un gesto di catarsi e di vera espiazione. Per arrivare a ricoprire il ruolo con tale intensità, l’attore francese, al contrario dell’intero cast, ha scelto di non leggere i dettagli della sceneggiatura ma di recitare ‘alla cieca’, così da esprimere al meglio gli sconvolgimenti psicologici del protagonista: una prova attoriale densa, fisica e con i fiocchi. Il perno centrale del film è quindi rappresentato dalla sofferenza interiore, tormento questo che diviene qui l’innesco per accendere la miccia di una lunga, intricata, sanguinosa e introspettiva indagine personale che va al di là della legge.
L’abile uso della camera a mano, oltre alla scelta dell’ambientazione fredda e imperiosa delle innevate valli ai piedi delle Alpi, sono componenti che in Mon garçon contribuiscono notevolmente a far crescere inquietudine e tensione negli spettatori. Sì, perché se la bellezza paesaggistica viene rappresentata come un ulteriore elemento di oppressione che sottolinea l’affanno mentale di Julien, è l’occhio sempre in movimento della cinepresa che, tallonandolo senza tregua nella sua corsa vorticosa contro il tempo, lo trasforma quasi in un animale braccato a cui manchi l’aria. In soli 84 minuti Carion realizza dunque un film forse non originale nella trama, ma decisamente ben centrato. Ciò è dovuto tanto all’ottimo ‘one man show’ di Guillaume Canet quanto alla capacità del regista di non impantanarsi in sterili particolari o inutili spiegazioni.
Il cinema francese ha da sempre regalato grandi soddisfazioni agli amanti del genere noir: statene certi, Mon garçon non vi deluderà!