Euforia, la seconda volta di Valeria Golino

Valeria Golino ci riprova: a distanza di cinque anni da Miele, che si era aggiudicato numerosi ed importanti premi, la regista e attrice torna dietro la macchina da presa per riprendere il tema trattato nel suo esordio alla regia, da un diverso punto di vista.
Con estrema grazia e delicatezza, mette in scena il rapporto tra due fratelli che non potrebbero essere più diversi e che, in un momento di difficoltà, si ritrovano.

Idea già collaudata ma vuoi per la sceneggiatura scritta con grande finezza, vuoi per la splendida coppia di attori formata da Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea, il film cattura l'attenzione dello spettatore, portandolo nei meandri di due diverse esistenze e due diverse reazioni, entrambe delineate in maniera assai realistica e toccante.

Euforia, che nasce da esperienze indirette, come ha spiegato la stessa regista, mette in scena la forza d'animo, omaggia Roma e tocca le corde più profonde della sensibilità, senza però scadere in facili sentimentalismi ma anzi, ammantando la narrazione di un umorismo di fondo di cui si fa portavoce il personaggio di Scamarcio, nel ruolo a lui congeniale di uomo goliardico e puerile.

Matteo è infatti tutto sesso, droga, centrifughe ed estrema vanità - si fa addirittura la plastica ai polpacci. Ma la sua superficialità nasconde un affetto di fondo. Ettore al contrario è molto introverso: è separato da tempo da Michela, ovvero Isabella Ferrari, dalla quale ha avuto un figlio ed ha una nuova, giovanissima compagna, interpretata da Jasmine Trinca. Parla poco e non si unisce ai continui festini organizzati dal fratello. Ma anche lui è estremamente bisognoso di empatia.

Lo stile della Golino rimane quello intimo e curato di Miele: inizialmente la ripresa a spalla ci conduce prepotentemente nelle case dei protagonisti, poi i movimenti si fanno più fluidi e la stessa vicenda prende a dipanarsi attraverso la nuova convivenza forzata di Matteo ed Ettore – un Mastandrea che qui ritrova il suo più tipico ruolo drammatico - in un turbine di fragilità ed euforia. Le discussioni si alternano a scene esilaranti come il gabbiano che perde il pesce il quale, a sua volta, cade in testa a Scamarcio. Ma così è la vita: fatta di alti e bassi, di sicurezza e insicurezza, di gioie e dolori, di risate e pianti. L'importante è non rimanere soli.

Per le tematiche, per l'intimità con cui sono trattate e per la sacralità, riscontrabile soprattutto nella sequenza in cui i due fratelli si recano a Medjugorie, l'opera seconda della Golino ricorda certa filmografia di Ferzan Ozpetek.

Ma con Euforia la regista alza l'asticella e affronta un altro aspetto dell'etica: non più il concetto di fine-vita come in Miele ma le famigerate “bugie a fin di bene”. Il film illustra proprio il rapporto dei protagonisti con questa idea, di protezione da un lato, di emarginazione dall'altro.

Commovente e divertente al tempo stesso: un bella storia che, sebbene non del tutto originale, fa leva su un buon cast e su una descrizione molto accurata dei protagonisti. Bellissima e poetica la sequenza del balletto di Stanlio e Ollio in ospedale.