Era d'estate
L’isolamento con rispettive famiglie in seguito al quale, nel 1985, furono costretti all’Asinara – dove si trovava all’epoca il supercarcere di massima sicurezza – i compianti giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, uccisi sette anni dopo in due distinti attentati operati dall’organizzazione criminale di Cosa nostra.
È ciò che – prendendo il titolo in prestito da una delle più famose canzoni dell’indimenticabile poeta e musicista Sergio Endrigo – intende raccontare nella circa ora e quaranta di visione Fiorella Infascelli, alla quale l’idea per il lungometraggio venne quando realizzò il documentario Pugni chiusi (2011), girato, appunto, all’Asinara.
Circa ora e quaranta di visione che l’autrice di Zuppa di pesce (1992) e Il vestito da sposa (2003) orchestra ponendo Beppe Fiorello nei panni di Borsellino e il Massimo Popolizio di Romanzo criminale (2005) in quelli di Falcone; i quali, il primo di destra, il secondo di sinistra, vedono diventare sempre più intimi i rapporti con i figli e le mogli incarnate da Claudia Potenza e Valeria Solarino durante la vacanza obbligata destinata a trascorrere tra notti insonni e pensieri, ma anche sorrisi e scherzi.
Probabilmente perché, nonostante il primo definisca nichilista l’amico e collega e il secondo si mostri facilmente propenso ad esternare il fatto che non si fidi più di nessuno, è un tono che cerca di apparire scanzonato quello atto a rievocare il periodo in cui attendevano che il ministero fornisse loro le carte per continuare la stesura dell’ordinanza-sentenza del maxi processo entrato nella storia d’Italia.
Tono scanzonato per lasciar intendere come entrambi credessero ancora nel proprio operato – e in molte delle persone che li appoggiavano – al di là del clima generale di tensione; man mano che emerge l’intenzione di arrivare a toccare i politici, insieme, però, ai difetti dell’operazione.
Perché, se da un lato tutt’altro che disprezzabili risultano le prove sfoderate dal cast, dall’altro è impossibile non provare il desiderio di sprofondare in un sonno liberatorio dinanzi ad un elaborato a base di lentissimi ritmi di narrazione e di infinità di paesaggi da cartolina volti di sicuro a giustificare il sostegno della Sardegna Film Commission... tanto che, giunti all’epilogo, l’unico pensiero che scatta nella testa è quello di recuperare Giovanni Falcone (1993) di Giuseppe Ferrara e la fiction televisiva Paolo Borsellino (2004) di Gianluca Maria Tavarelli.