Elvis - Il bianco che fece il rock

"Elvis the pelvis in the Memphis", su questa frase, sembra abbastanza odiata dal Re per la sua semplicità, Paolo Bonolis ci costruì le sue fortune televisive, Baz Luhrmann, invece, ci costruisce il suo personaggio bigger than life. Una "life" piuttosto corta peraltro, visto che ci ha lasciati a 42 anni.

Baz l'eccessivo prende così in mano la vita di un personaggio supereccessivo e la trasforma in un rutilante circo di musica, lustrini e viaggi visivi (a volte anche un po' troppo sbilenchi).
Il film è un viaggio immersivo nella musica del Re, del percorso che l'ha portato a essere il primo bianco che canta come un nero, ma è anche un modo di portare alla luce aspetti della carriera del cantante meno noti ai più.

Il rischio è subito chiaro, tutto questo amore per Elvis, rischia di restituirci un'agiografia piuttosto che un biopic musicale. Il famigerato colonnello Parker (qui un incredibile Tom Hanks) è una figura al limite del nostro Mangiafuoco, talmente estrema da essere difficilmente credibile.

Ma chi va a vedere Elvis, oggi come allora, in fondo cerca solo la magia del rocker, del ragazzo del Sud capace di incantare le folle e Austin Butler, riesce a incarnarla alla grande in questo ruolo che lo lancerà nello stardom.
Grandeur, l'aggettivo che tanto piace al regista e che governa indubbiamente anche quest'opera, forse un filino troppo.

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