Egon Schiele, eros e thanatos in un riuscito biopic dai toni tradizionali
Quando l’arte pittorica viene mostrata al cinema non si può che esserne contenti. Certo, ammirare dal vivo i dipinti dei grandi maestri è un’emozione impareggiabile, ma è proprio grazie ad alcuni registi che il pubblico ha potuto conoscere le vite, le pulsioni e i segreti di chi quei capolavori ha creato. All’interno della schiera di filmmaker che si sono occupati di narrare le storie di celebri artisti trova posto l’austriaco Dieter Berner, che nell’interessante e ben riuscito Egon Schiele, lungometraggio basato sul romanzo Tod und Mädchen: Egon Schiele und die Frauen di Hilde Berger, racconta una tra le figure più importanti e controverse del XX secolo.
Berner, pur scegliendo di utilizzare uno stile tradizionale per descrivere un uomo che nulla aveva di convenzionale, realizza un’opera dalla narrazione fluida che mette a fuoco la tormentata esistenza del genio del primo espressionismo austriaco. Nato nel 1890 a Tulln, piccolo comune della Bassa Austria, in giovane età Egon Schiele rimase orfano del padre e, sotto la tutela legale di uno zio, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Vienna. Seguendo però i consigli di Gustav Klimt, il giovane artista abbandonerà gli studi perché, a suo dire, poco si conciliavano con la sua idea di arte. Il film si concentra sull’ultimo decennio di vita di Schiele (interpretato a perfezione dall’esordiente Noah Saavedra), il quale, vittima dell’epidemia di febbre spagnola, morirà a soli 28 anni.
Con il biopic di Berner, dai toni classici ma non per questo meno affascinanti, gli spettatori potranno comprendere quanto, per Schiele, la pittura fosse importante: un surrogato della realtà in cui eros e thanatos si intrecciano per dare origine alla somma delle sue emozioni. Ossessionato dal corpo, sia femminile che maschile, l’artista disegna i suoi personaggi denudandoli e mutilandoli di ogni elemento superfluo, finanche della carne: tratteggiando volti emaciati e sguardi persi nel vuoto su tronchi scheletrici e spigolosi, Egon Schiele fa una proiezione su tela di una macabra umanità che si avvia all'imminente fine dell’Impero austro-ungarico. Eppure, in questi ritratti apparentemente grotteschi si intravede una vitalità erotica di massima potenza, e il bravo Berner, rappresentando abilmente tramite un continuo gioco di specchi le inquietudini e le angosce sessuali che dilaniavano Schiele, ne descrive perfettamente i tumulti interiori.
La funerea sensualità che traspare dalle opere del pittore di Tulln, sempre accompagnata da un senso di straziante solitudine e sofferenza, nel lavoro del cineasta è resa dall’insolito modo con cui il protagonista si relazionava alle ragazze che per lui posavano. Sì, perché sebbene ne fosse attratto, Schiele si concedeva loro senza mai trascurare la sua arte, anzi, vedeva in ogni incontro amoroso l’occasione giusta per estrarre matita e bloc notes ed abbozzare schizzi che sarebbero ben presto divenuti quadri. Le uniche due donne da lui profondamente amate furono sua sorella Gerti, ritratta in numerose opere, e la modella Wally Neuzil, che tuttavia lascerà per sposare la ricca Edith Harms. Accusato dalla borghesia viennese di dipingere opere pornografiche, Schiele fu condannato a trascorrere diversi mesi in prigione, periodo in cui annotò queste parole: “Durante l’udienza, uno dei miei disegni confiscati, quello che avevo appeso nella mia stanza da letto, venne bruciato solennemente, dal giudice paludato nella sua toga, sulla fiamma d’una candela! Autodafé! Savonarola! Inquisizione! Medioevo! Castrazione, ipocrisia! Su, andate nei musei allora, e tagliate a pezzetti tutti i più grandi capolavori d’arte. Chi ripudia il sesso è un individuo sporco che diffama nella maniera più volgare i genitori che lo hanno generato”.
Presentato come evento speciale, grazie alla Draka Distribution e alla Twelve Entertainment, Egon Schiele sarà nelle sale per soli tre giorni: 27, 28 e 29 Novembre. Per gli amanti del genio austriaco, e dell’arte in generale, questa è una di quelle occasioni da non perdere. Per tutti gli altri sarà comunque un'ottima maniera di avvicinarsi al ‘Pianeta Cultura’.