Don’t Worry: Un Gus Van Sant ritrovato dirige Joaquin Phoenix nel Biopic sul vignettista John Callahan
John Callahan (uno straordinario Joaquin Phoenix) ha una brillante verve ironica ma anche un grosso problema di alcolismo. Una sera, a soli ventun’anni, dopo l’ennesima sbronza e per seguire l’invito di un amico, sale in macchina al fianco di quest’ultimo. Al risveglio si ritroverà paralizzato dalla vita in giù e la sua vita subirà enormi cambiamenti. Eppure, proprio da quell’incidente così grave partiranno anche i primi passi di una lenta e graduale ricostruzione della propria vita (come l’adesione a un gruppo di recupero per alcolisti); una ricostruzione che passa attraverso l’accettazione del dolore, il perdono per gli altri e soprattutto per sé stessi.
Gus Van Sant porta in Concorso al Festival di Berlino il suo ultimo film Don’t Worry, He Won’t Get Far On Foot (letteralmente: non preoccuparti, non andrà tanto lontano con le sue gambe), ricostruzione biografica della vita del vignettista John Callahan. “So tre cose di mia madre: era americana/irlandese, aveva i capelli rossi e faceva l’insegnante. E, sì, non mi voleva”. Inizia sempre con questo doloroso ricordo l’autoritratto che John Callahan faceva di sé stesso e di quel legame mai avuto con una madre ignota. I dolori di un’esistenza originati dunque da un rifiuto primordiale (quello di una madre che decide per qualche motivo di non allevarti) e che poi John cercherà di lenire scavando nei propri drammi personali pur di risalire la china, ritrovare un senso, fare pace con gli altri e soprattutto con sé stesso.
Un ritrovato Van Sant, animato da diversi guizzi e da un sentimento costante, cuce letteralmente addosso al suo protagonista Joaquin Phoenix un personaggio vivo, toccante, attraversato da un dolore enorme e allo stesso tempo pieno di una incredibile voglia di vivere. Attraverso le vignette sarcastiche, spesso blasfeme, macabre o indelicate verso disabilità e minoranze, ma anche cariche di un notevole genio creativo e di una brillante ironia, il John Callahan di Phoenix ritrova poco alla volta i passi di quel tragitto che non può più percorrere con i propri piedi ma che può comunque seguire armato di costanza, spirito di rivalsa e forza di volontà. Un esempio di grandissimo valore.
L’espressività ricca, mutevole, intensa e mai opaca del bravissimo Phoenix (affiancato da un ottimo cast in cui funzionano più che bene anche i comprimari Jonah Hill nei panni di Donny e Rooney Mara nei panni di Annu) veste alla perfezione le intenzioni del film incarnandone gioie e dolori, e veicolando con il giusto equilibrio un mix inscindibile di ironia e dramma.
L’esistenza affannosa eppure ricca, complessa ma piena di slanci di John trova dunque una sua degna rappresentazione in un’opera che sposa appieno l’anima del non politically correct sostenuta dal suo protagonista e che ritrova (dopo il passo falso del film precedente La foresta dei sogni) il Van Sant più malinconico e intenso, volitivo e audace, ancora una volta alla ricerca di quell’amore speciale (per gli altri, per la vita, per il talento) capace di lenire il dolore animato dal mondo circostante.