Domani e domani e domani – recensione di “Macbeth Neo Film Opera”
Un applauso a chi, ancora oggi, ha il coraggio di rileggere Shakespeare in maniera non “tradizionale” e quindi un applauso a Daniele Campea che qui riprende una delle opere più cupe del Bardo, inserendola in uno scenario post-apocalittico che, seppur forse già visto, ha un suo cinematografico valore nella singolare messa in scena.
Ambientato in un' ex fabbrica di birra che a volte sembra teatro, il mediometraggio (dura una cinquantina di minuti), stravolge il malato equilibrio tra la Lady e il Lord, facendo interpretare i due personaggi da due attrici, “vendicando” così il maschio-centrismo del Teatro Elisabettiano (in vero, di tutto il teatro precedente al diciasettessimo secolo) ma, in realtà svelando più un gusto filo-androgino che altro. A metà tra l'espressionismo di Dreyer e certe cose del Man Ray meno dada, il racconto si svolge sottolineato da parti operistiche verdiane e clangori industriali che danno al tutto un fascino inconsueto.
Bravi tutti ma, in particolar modo, Susanna Costaglione che con una recitazione stranita e straniante riesce a rendere magnificamente un personaggio al limite della schizofrenia. E il bianco e nero non fa altro che ribadire queste strane dualità di cui il film è contornato. Se poi teniamo conto che tutta la “messa in scena” lascia un po' indietro la parte delle streghe, degli spiriti, la parte più squisitamente gothic (che comunque c'è) per rivolgersi principalmente alla discesa verso il buio di tutti i personaggi principali, allora ci accorgiamo di quanto il bravo regista non badi ai “fronzoli” per concentrarsi sul cuore della faccenda.
Badate bene, questa è pura avanguardia ma tanto di cappello a chi ha veramente capito lo spirito di Shakespeare. Eternamente rinnovabile.