Dall'Islanda con furore, La donna elettrica
Interessante film, con tante potenzialità e tanti messaggi positivi e battaglieri, La donna elettrica di Benedikt Erlingsson è stato presentato al Toronto International Film Festival e alla 57a Semaine de la Critique del Festival di Cannes dove è stato accolto con entusiasmo, aggiudicandosi il Premio SACD (Société del Auteurs e Compositeurs Dramatiques).
Opera seconda del regista islandese, La donna elettrica è anche il candidato islandese agli Oscar, stesso destino del primo lungometraggio, Storie di cavalli e di uomini.
La tematica è quanto mai attuale perché tratta l'ecologia – l'ecoterrorismo per essere più precisi - ed in particolar modo l'impatto sull'ambiente delle grandi multinazionali, senza però sfruttare l'argomento ai fini di un'arringa o di un dramma nazionale, bensì dotandolo di sfumature leggere, riflessive e a tratti anche comiche.
La storia infatti è quella di Halla, amabile direttrice di un coro che, tra una prova e l'altra, si dedica a sabotare le linee elettriche, provocando corto circuiti nonché danni ingenti alla detestata industria siderurgica cinese che sta inquinando la sua amatissima Islanda.
L'amore della donna per il suo paese e per il paesaggio sconfinato della brughiera, che dalla bassa erica e dal morbido muschio, giunge fino al maestoso ghiacciaio azzurro, si capisce da come si stende sul terreno aspirandone profumo, profondità e immensità; si capisce da come osserva rapita l'incontro del verde dei prati con l'azzurro del cielo.
Seguiamo Halla nelle sue imprese á la Robin Hood in versione ecologica – gira infatti con un arco e bastoni di metallo al posto delle frecce, con cui creare scariche elettriche -, fuggiamo con lei quando l'elicottero giunge a sorvolare la zona, ci nascondiamo con lei sotto sporgenze di terra umida e fredda.
La sua missione dovrebbe essere la nostra missione, proprio nel momento in cui sembra che la Terra abbia i giorni contati e che il suo futuro sembra essere stato annientato dai gas serra.
Ma Halla, interpretata dalla bravissima Halldóra Geirharðsdóttir, amica d'infanzia del regista nonché attrice islandese più importante della sua generazione, è anche una donna single che tempo addietro ha fatto richiesta di adozione e dopo una lunga attesa, una adorabile bimba ucraina sta per esserle affidata.
Complice la sorella gemella, interpretata dalla stessa Geirharðsdóttir, un'insegnante di yoga dall'aspetto bizzarro ma quanto mai astuta, Halla trova finalmente la sua strada, non senza lasciare un grande messaggio al suo pubblico, ovvero quello di battersi per salvare il pianeta dal terribile destino cui l'uomo, negli ultimi decenni, l'ha condannato. E non solo.
Halla è infatti una vera e propria eroina dei nostri tempi e da lei dovremmo prendere esempio per tornare, noi donne, ad appropriarci del ruolo che ci spetta nella società la quale, stando a quanto racconta la stessa attrice, in Islanda sta regredendo ai tempi in cui era unicamente patriarcale.
Il film di Erlingsson scorre piacevolmente raccontando l'epopea di Halla e la particolarità più accattivante del film, che lo ammanta dell'ironia necessaria a trattare un tema del genere in chiave leggera, è l'accompagnamento musicale; non una impalpabile ed invisibile musica di sottofondo, ma una vera e propria orchestrina che accompagna via via le missioni della protagonista e i cui pochi elementi la guardano quasi attoniti mentre piazza candelotti di dinamite, fugge e si nasconde dalle autorità. Una trovata davvero originale che aggiunge un sapore fiabesco e lirico al racconto.
Intrigante, attuale, poetico anche... Un film di nicchia per spettatori votati non solo al main stream.