Cristian e Palletta contro tutti

Antonio Manzini esce alla grande da questa sua prima prova registica ed in una nicchia così gettonata, il risultato era tutt’altro che ovvio. 
Complice l’ottima sceneggiatura ed un egregio casting, Cristian e Palletta contro tutti tiene gli spettatori incollati allo schermo e provoca risate a non finire, attraverso una serie di situazioni irriverenti ed irresistibili, talmente ben congegnate da passargli anche quel paio di gag truci, politicamente scorrette e troppo insistite alla Sacha Baron Cohen recente.

Ma chi sono i due protagonisti di questo road movie tra Roma e la Puglia?
Palletta è un coatto dal còre d’oro, interpretato abilmente da Pietro Sermonti (mitico protagonista di Boris e reduce da una recente grande prova in Tutto può succedere, adattamento italiano di Parenthood, pregevole Fiction Rai che affronta con eleganza e simpatia la Sindrome di Asperger) che riesce a sembrare credibile ed esilarante come omone semplice che sogna un elettrauto tutto suo e, possibilmente, di sposarsi con la donna del suo migliore amico.

Cristian è il grandissimo Libero De Rienzo, probabilmente l’attore più sottovalutato del cinema italiano che ci aveva fatto godere nel cult di Marco Ponti del 2001, Santa Maradona e ritorna alla commedia dopo aver affrontato ruoli decisamente seri come quello del soldato nella miniserie tv Nassiriya – Per non dimenticare (2007) e la sua interpretazione più importante ad oggi, il ruolo del giornalista napoletano (suo conterraneo) Giancarlo Siani, ucciso dalla Camorra il 23 settembre 1985 per aver scritto la verità, nel durissimo Fortàpasc di Marco Risi (2009). Qui interpreta Cristian, è un romano de roma periferico, semplice e disilluso, convinto che pe’ svortà (per riuscire nella vita) non serva a nulla studiare ed impegnarsi perché nulla cambierà mai senza una “gran botta di culo” (immenso ed improvviso colpo di fortuna).

I due protagonisti si imbarcheranno nell’avventura più rischiosa e rocambolesca della loro vita sino a scontrarsi con la malavita organizzata, incarnata dalla boss pugliese più spietata della storia della commedia italiana: la mefistofelica moglie di Zio Gaetano, interpretata dall’italo-irlandese Giselda Volodi (sorella maggiore di Margaret Mazzantini) che spicca su tutti per un talento decisamente fuori dal comune che andrebbe sfruttato maggiormente dal nostro cinema nostrano, troppo spesso miope e dipendente dalle stesse dieci facce. 

L’epilogo di questo sanguinoso incontro ci regala, tra l’altro, un’autentica chicca, una citazione beckettiana assolutamente pregevole che non descriviamo per risparmiarvi lo spoiler. Ci limiteremo a rivelarvi che l’opera teatrale cult cui il regista fa riferimento è Happy Days (1961) ed il suo amore per il geniale Premio Nobel irlandese Samuel Beckett è evidente sin dall’arguta citazione d’apertura.

Il rinato cinema di genere, specialmente il poliziottesco scollacciato è, senza alcun dubbio, il punto di forza della nostra cinematografia. Se riuscissimo a sdoganarlo, scindendolo dal dialetto (il 90% dell’umorismo di questo film si basa sul riuscitissimo contrasto tra romano e pugliese ma perderebbe gran parte del suo appeal se dovesse essere sottotitolato per un pubblico straniero) ed esportandolo quindi all’estero…non ce ne sarebbe per nessuno.

Una pregevole opera prima, da non perdere.