Come è profondo il mare – Recensione di “Submergence”
Nel suo ancor breve tragitto in ogni luogo del mondo, l'ultimo film del Maestro Wenders non sembra aver riscosso commenti appassionati. Forse perché non è di passione che questo film vive. Ma se ci si stacca da parametri passionali (e non “appassionati”) dei quali, in vero, il Cinema del tedesco non si è quasi mai fatto carico, allora questo Submergence esce fuori in tutta la sua bellezza. E la storia d'amore (perché il film è prettamente questo) non perde di un filo la sua potenza, trasportandosi su livelli aerei o, meglio, acquatici.
E' un racconto vissuto tra il bianco che acceca e il nero che acceca, quello tra un agente segreto al servizio di Sua Maestà britannica ed un'algida, ma non troppo, bio matematica (o qualcosa del genere). Ed è un racconto che vuol suggerire che l'amore ti fa rinascere, ti fa morire e tutto quello che c'è in mezzo.
Non vi aspettate il Wenders vicino al rock “alternativo”, né quello malinconico di Lisbona ma, aspettatevi un ritorno alle origini, confermato da quel gigionesco omaggio all'amato Friedrick (il romantico personaggio nel museo che imita il capolavoro del pittore, all'inizio del film, è lui o no? Mah...). E quindi si parla, perlomeno, di “Falso Movimento”, quindi di 45 anni fa. Ma non facciamone questioni di tempo che passa, anche perché in questo film, il tempo assume vari livelli e, comunque, conta poco. Conta di più lo spazio che assume motivi simbolici e che va da una terra “chiusa” ad un mare “infinito”.
Se poi c'è anche l'elemento religioso, è soltanto un pretesto come lo è, veramente, in ogni guerra. Insomma un lavoro che, a priori, può sembrare estenuante, ma alla fine si rivela sinceramente poetico, forse anche retorico ma comunque poetico, dove tutti sono bravi a fare la loro parte, dagli interpreti (nonostante questo non sia un film “attoriale”) al regista che, dopo cinquant'anni di Cinema, non ha perso un briciolo della sua forza. Una sicurezza.