City of crime, un poliziesco/noir degno di nota
Il protagonista di Black Panther, i produttori di Avengers: Endgame ed il regista della serie TV Luther e di alcuni episodi chiave di Boardwalk Empire e Il trono di spade: con questo trio, City of Crime, titolo originale 21 Bridges, non poteva che essere un film riuscito.
Riuscito perché è un abile mix di azione e dramma, di attualità e spettacolarizzazione.
Riuscito perché delinea con cura il limite, spesso oscuro e controverso, tra vittima e carnefice, svelando a poco a poco sfaccettature inaspettate. E sono proprio i risvolti inattesi a tenere lo spettatore incollato alla poltrona, regalando un'ora e mezza di film di genere come non se ne vedeva da un po': di quelli che oltre alle sparatorie e alle scazzottate, nascondono una sottotrama audace, attuale e perché no, anche politicamente impegnata ed incanalata verso una precisa direzione.
Riuscito, anche, grazie all'ottimo cast composto non soltanto da Chadwick Boseman – un filino poco espressivo – ma anche da Sienna Miller, J.K. Simmons, Taylor Kitsch e il bravissimo Stephan James, visto nei recenti Se la strada potesse parlare e Race – Il colore della vittoria.
Diretto da Brian Kirk, il film racconta una rapina finita con la morte di diversi poliziotti, cui segue un'indagine senza tregua né sconti, coordinata dal detective Andre Davis il quale, costretto a drastiche soluzioni, fa chiudere tutti e ventuno i ponti di Manhattan, per imprigionare i fuggitivi all'interno dell'isola. Un'idea cinematograficamente valida, che ha solleticato tanto il protagonista quanto il regista: “Ci sono 21 ponti a Manhattan, li sbarriamo. Isoliamo treni e metro. E poi inondiamo l'isola di blu”; una trovata indubbiamente esaltante e narrativamente efficace, per una caccia all'uomo degna di nota.
Gli stessi produttori, per raggiungere il livello massimo di realismo della vicenda, hanno fatto sì che l'intero cast potesse avvalersi dell'aiuto di due agenti della polizia di New York in pensione.
A loro gli attori ed il regista si sono rivolti costantemente per conoscere dinamiche, comportamenti, posizioni durante le sparatorie e via dicendo: i due agenti hanno letteralmente addestrato gli attori affinché sembrassero veri poliziotti e veri criminali – per preparare questi ultimi è intervenuta anche la SWAT che ha lavorato sulla tattica – facendo loro sparare fino a 500 munizioni al giorno.
Ambientato nella Grande Mela, il film è stato girato a Philadelphia, nel cui centro lo scenografo Greg Berry ha ricreato alla perfezione un incrocio di Brooklyn, coadiuvato dal direttore della fotografia Paul Cameron che, sfruttando l'ambientazione notturna, ha ammantato le immagini dell'atmosfera newyorkese così tipica e fumosa, quella che richiama alla mente alcuni tra i must del genere, in primis Il braccio violento della legge. Kirk poi, mettendoci del suo, ha condito il tutto con suggestive e spettacolari riprese dall'alto della reale Manhattan, dei suoi ponti, protagonisti assoluti del film, e delle sue strade trafficate, sfruttando lo sfavillio notturno prima e la luce chiara e soffusa dell'alba poi.
City of crime, la città del crimine, dove il crimine stesso si trova nel mezzo, in un limbo di cui fanno parte poliziotti e assassini; un limbo la cui nebbia deve essere dipanata per fare finalmente luce sulla verità. Una verità scomoda, di quelle che non dovrebbero mai uscire allo scoperto.
Tecnicamente valido e accattivante, dotato di un ritmo coinvolgente e di un montaggio sincopato che non lascia tregua allo spettatore. Un film di genere decisamente riuscito, ambientato nella città che da sempre si presta al poliziesco e al noir: provare per credere.