Cinquanta sbavature di nero
Non si ritiene un bell’uomo d’affari, ma un uomo con un bell’affare!
Sebbene al loro interno non manchi neppure una evidente presa in giro rivolta agli strip maschili di Magic Mike, gli oltre novanta minuti di visione diretti dallo stesso Michael Tiddes che già si era occupato di Ghost movie (2013) e Ghost movie 2 – Questa volta è guerra (2014) prendono principalmente di mira Il cinquanta sfumature di grigio (2015) che Sam Taylor-Johnson ha derivato dall’omonimo bestseller scritto da E.L. James.
Quindi, tenete bene a memoria quanto di ridicolo era presente nella vicenda erotico-sentimentale interpretata da Jamie Dornan e Dakota Johnson per apprendere la maniera in cui, sostituiti i protagonisti con i neri Marlon Wayans e Kali Hawk, si estremizza fino alla comicità demenziale tutto ciò che già in quel caso non poteva fare a meno di manifestare grotteschi connotati.
Perché, probabilmente, tra enormi panini e immancabili attacchi ironici wayansiani al razzismo, sono proprio coloro che ricordano come si deve i vari risvolti del tutt’altro che romantico rapporto sadomasochistico instaurato tra il miliardario Christian Grey e la illibata studentessa Anastasia Steele a trovare occasioni per sorridere dinanzi all’agglomerato di tentativi finalizzati a riaprire lucchetti e assurde fellatio praticate a matite.
Del resto, trattandosi di una parodia cinematografica appartenente al periodo storico successivo a Scary movie – Senza paura, senza vergogna... senza cervello! (2000) di Keenen Ivory Wayans, non risultano affatto assenti all’appello allusioni di carattere sessuale ed esplicite immagini di testicoli oltremisura.
Ovvero gli elementi volgari tipicamente sfoderati dal modo di suscitare divertimento che piace non poco alla meno esigente fetta di spettatori d’inizio XXI secolo, di sicuro non troppo interessata alle diverse frecciatine verbali rivolte, tra l’altro, allo scrittore Nicholas Sparks e al Kevin Hart di Poliziotto in prova (2014).
Senza contare la battuta riguardante l’evasione fiscale di Wesley Snipes, ovvero una delle migliori al servizio di un non esaltante insieme che, comunque maggiormente digeribile rispetto ai due succitati lavori del regista, si rivela talmente fedele al materiale di partenza da sembrarne la sua versione con annesso commento audio affidato ad attori comici.
Pur apparendo, forse, addirittura meno esilarante; senza dimenticare depilazioni ai confini della realtà e fruste chiamate come i film incentrati sui pregiudizi a stelle e strisce nei confronti delle persone di colore... da Amistad (1997) a 12 anni schiavo (2013)!