Cannes 2017: i fantasmi di Arnauld Desplechin danno il via ufficiale al Festival di Cannes 70
Ad aprire ufficialmente i battenti della 70 edizione del Festival é Arnaud Desplechin, autore francese contemporaneo assai apprezzato nel circuito internazionale, che debuttò proprio per le ‘vie’ della croisette venticinque anni or sono con il suo La sentinelle. Autore fortemente legato alla struttura corale e all’utilizzo di tematiche dal registro sempre assai intimo (Racconto di Natale, I miei giorni più belli), Desplechin apre il festival di Cannes 2017 con Les Fantômes d'Ismaël, una mise en abyme simbolica, raccordo nostalgico e tormentato tra presente e passato, realtà e proiezione che si dimena proprio attorno al protagonista del titolo, Ismaël (Mathieu Amalric).
Il ricordo di un amore passato (con la ex moglie Carlotta) tormenta le notti insonni di Ismaël, artista ossessionato dai suoi ricorrenti incubi e sempre immerso nella scrittura dell’ultimo film. Così le immagini della giovane moglie (splendida e sempre brava Marion Cotillard), scomparsa misteriosamente ventuno anni prima, scavalcano costantemente il suo presente per riportarlo alle memorie e alle ombre del passato. Ma la sua vita continua, così come continua quella del padre di lei, con il quale nel tempo è maturata un’amicizia legata dal filo comune di un tormento che si materializza tramite il sonno, e dopo il crepuscolo. L’incontro con Sylvia (Charlotte Gainsbourg, forse la migliore del coro di attori) é stato però l’unico tassello in grado di lenire - in parte - le ferite del cuore, e trascinare Ismaël fuori dal precipizio del suo malessere. Anche se i fantasmi, per loro natura, non scompaiono mai davvero del tutto.
Arnauld Desplechin chiama a raccolta un cast di livello (assieme ai nomi già citati anche la nostra Alba Rohrwacher in una parte non propriamente memorabile) per assemblare insieme un’opera che fa dell’accumulo e della sovrapposizione il suo cavallo di battaglia. Un’opera in cui convivono molti contenuti, a dire il vero troppi, così come anche citazioni e riferimenti biblici, letterari, cinematografici. C'è il nome Ismaële, ci sono tanti richiami al cinema del passato, e poi c'è Dedalus (nome assai caro al regista e che rimanda al Dedalus Joyciano, alle elucubrazioni sul Ritratto dell'artista da giovane). Perché in fondo e in primis i fantasmi da cui Desplechin scappa (e che anche in qualche modo rincorre) sono i suoi, quelli legati al potere produttivo di un’artista che non solo soccombe ma che si nutre anche dei propri spettri interiori, per seguitare a esistere e a essere artista. Non sempre lineare e a tratti addirittura confusionario nel passaggio da un tempo a un altro, da una linea narrativa all’altra, Les Fantômes d'Ismaël é una sorta di calderone cumulativo e riepilogativo delle tematiche care al regista francese. C'è tutto, forse troppo, ed è questo il limite di un film che ha in serbo tante belle suggestioni ma che ne raccoglie (infine) poche, tracciando forse proprio l’ennesimo parallelo con lo status dell’artista (regista) e la perdita d’ispirazione. Tra i momenti forse più belli e significativi c'è la scena in cui Sylvia e Carlotta si osservano, si studiano. Una balla, l’altra sorride. Rivali, complici, amiche, nemiche, la loro femminilità diversa e complementare regala al film un’estemporaneità riflessiva che colma in parte alcuni dei suoi ‘lapsus’ narrativi.