Cannes 2017: con The Meyerowitz Stories Noah Baumbach fa il punto sul tempo, sull'età che passa, sulle famiglie che si ‘reinventano’
I Meyerowitz sono una famiglia complicata, come tante altre. Il capofamiglia Harold (Dustin Hoffman), noto scultore, è oramai alle prese con l’età che avanza. Ha sempre avuto un rapporto difficile con il matrimonio, ed ha avuto tre figli da due delle sue quattro mogli. Ma se i due fratelli di primo letto (Jean e Danny/Adam Sandler) hanno finito per essere relegati al ruolo di figli negletti, tutte le attenzioni di Harold si sono invece riversate da sempre su Matthew (Ben Stiller), il più stimato e apprezzato, e al quale il padre ha perfino dedicato un po’ del suo lavoro e intitolato alcune delle sue sculture. Ma il tempo passa per tutti, e la possibilità di una mostra dedicata ai lavori di Harold insieme all’eventualità di mettere in vendita la storica casa di famiglia per arginare alcuni problemi finanziari, saranno occasioni propizie per riunire assieme tutti i componenti della famiglia Meyerowitz, fare i conti con aspettative e delusioni, e riavviare forse a una nuova stagione quei legami.
Noah Baumbach è uno di quei registi che ha senz’altro anche la penna ‘facile’. Qui (come spesso nei suoi lavori) scrive, dirige e produce, e lo fa senza lasciare nulla al caso. Non di rado paragonato a Woody Allen per quel suo tono ironico e pungente, il sarcasmo dei suoi dialoghi e la scelta di storie che spesso e volentieri si orchestrano per le strade della middle/upper class ebraica della creativa Manhattan e dintorni, Noah Baumbach continua a far ruotare i suoi personaggi attorno alle idiosincrasie della vita, alle elucubrazioni sull’arte, ai contrasti generati tra aspettative e rimpianti, talenti e velleità.
Le storie dei Meyerowitz, tragicommedia famigliare scandita in capitoli riferiti agli altrettanti protagonisti di cui narra, mette in gioco ancora una volta tutte queste componenti, rileggendole nel riflesso del tempo che scorre via, e puntando tutto sul ritmo divertente dei dialoghi serrati, su un coro di protagonisti affiatati tra di loro e in perfetta sintonia con il loro ‘palco’, e infine su una regia che sa usare i giusti tagli e passaggi di campo per rendere ancora più dinamica la messa in scena di questo Rendez vous famigliare che ricorda da vicino le tematiche sempreverdi alla Stanno tutti bene.
Noah Baumbach fa con questo film - non propriamente da festival - il suo debutto in concorso a Cannes, portando una ventata di apparente leggerezza (o sdrammatizzazione che dir si voglia, pur nella cornice drammatica della storia) in quello che di norma è un concorso dal registro più serioso, soprattutto nella forma. E invece qui si ride, in qualche occasione anche di gusto, e il motivo sta tutto in una scrittura brillante, e in un quartetto di attori (Ben Stiller, Adam Sandler, Dustin Hoffman ed Emma Thompson) che, se ben ‘organizzati’, può regalare davvero grandi sorprese. Forse non uno di quei film ‘memorabili’, ma senz’altro encomiabili.