Californie – Le stagioni assolate della vita

Jamila ha origini marocchine ma vive a Torre Annunziata, Napoli, e ha imparato ben presto a parlare con quella calata tipica del territorio partenopeo, a fondersi nel suo luogo di adozione. A 9 anni desidera ardentemente diventare una campionessa di boxe, seguendo le orme della campionessa Irma Testa (storia raccontata dagli stessi registi di Californie nel bel documentario Butterfly, del 2018) allenata nella stessa palestra. Ma poi il sogno sfuma e Jamila si isola, si chiude in sé stessa. A 12 anni decide di mettere i soldi da parte per tornare nel suo Marocco, unico luogo dove potrebbe essere felice, dove ha degli amici. Ma anche quel desiderio svanisce di fronte alla realtà di un piccolo salvadanaio che contiene sempre solo pochi spicci.  A 13 anni, infine, inizia a lavorare a tempo pieno presso il salone di parrucchiera di Jasmine, che la coinvolge e la sfrutta a vario titolo nella sua attività, facendola sentire parte di qualcosa, garantendole quei primi soldi con cui poter comprare cose e rendersi parzialmente indipendente, ma privandola dei suoi diritti di ragazza, della scuola, di compensi adeguati all’impegno esercitato. Il salone, Californie e non California come avrebbe voluto la sua proprietaria, è infatti la metafora di quel vizio di forma che appartiene fedele alla vita di Jamila, esistenza sempre defilata, alla ricerca di qualcosa, o di qualcos’altro, e quasi mai realmente preparata a conquistarlo. L’arrivo di un assistente sociale pronto a interrogarla e a rimetterla in pista sarà così, per Jamila, un nuovo stimolo per ripartire, mettersi in viaggio, alla ricerca dell’ennesima via da percorrere, dell’ennesimo sogno da inseguire, di qualche landa assolata a cui sopravvivere.

A due anni di distanza da Butterfly, i registi/documentaristi Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman ripartono dai sogni interrotti e proibiti di una provincia ai margini, fatta di chi sopravvive e chi soccombe. Controcampo adolescenziale alla storia di Irma Testa, una ragazza che in qualche modo ce l’ha fatta, la storia di Jamila esercita invece tutta la sua determinazione nella voglia di sopravvivenza - spesso vana, nella ricerca di un proprio posto del mondo, nel confronto/scontro con quei piccoli eventi, più o meno catartici, più o meno risolutivi, che costituiscono poi il nucleo centrale della vita. Di bus in bus, di strada in strada, di scelta in scelta, Jamila (negli occhi decisi e ribelli della bravissima Khadija Jaafarisi) muove così inconsapevole tra le mille difficoltà di chi una strada propria non ce l’ha e se la deve ricavare battendo ogni possibile fuoripista, incappando in ogni spiacevole imprevisto.

Con la delicatezza e la partecipazione che contraddistingueva anche l’opera precedente, i due registi seguono la loro vulcanica protagonista all’interno di un arco temporale di cinque anni, seguendone la crescita e le svolte esistenziali, evidenziandone lineamenti e carattere, facendone emergere una forza di volontà incrollabile, una resilienza endemica. Quasi priva di punti di riferimento adulti, e avendo come unico interlocutore la sorella maggiore che non perde occasione per rimproverarla, Jamila cerca disperatamente la sua California, il suo luogo di pace, ma si ritrova sempre a fare i conti con la realtà, con la sua avvilente Californi(e).

Racconto di formazione a un tempo lieve e potente, Californie parla dell’essere giovani e intraprendenti, ma anche indifesi e pericolosamente soli. Il viaggio di Jamila, alla ricerca del lavoro, dell’amore, di qualcuno che possa in qualche modo proteggerla, è infine un viaggio ramingo e commovente verso uno spiraglio di compassione, di possibilità, di scelte, in una realtà e dimensione sociale dove tutto ciò viene di norma precluso a prescindere.  

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