Calcolo infinitesimale

La didascalia di apertura avverte del fatto che il film a cui stiamo assistendo è tratto da una storia vera, ma, in realtà, non lo è assolutamente.
Del resto, co-diretti da Enzo Papetti e Roberto Minini Merot, vogliono apparire decisamente folli e fuori da ogni schema i circa novanta minuti di visione che pongono Luca Lionello nei panni del cinquantenne Roberto Pistis, il quale, residente a Stromboli in una casa isolata dal mondo, è stato dimenticato sebbene il suo primo romanzo scritto in gioventù abbia ottenuto grande successo e continui ad essere letto e acclamato.

Il Roberto Pistis che vede un giorno irrompere nella sua abitazione la giornalista Valeria Hostis cui concede anima e corpo Stefania Rocca, intenta a realizzare la sua intervista dell’anno, man mano che familiarizza con l’uomo.

Infatti, mentre li troviamo immersi anche in momenti in bianco e nero che li vogliono fratello e sorella protagonisti proprio del citato scritto, seguiamo lo sviluppo progressivo del loro rapporto nel tentativo di capire cosa li leghi e quali motivazioni li spingano a studiarsi, spiarsi e provocarsi a vicenda.

Atteggiamenti che finiscono per dare inizio ad un sottile gioco di seduzione e che conducono ad un colpo di scena destinato a venir fuori a circa metà film, suggerendo che nulla è come appare nel corso della narrazione.

Anche perché, se in un primo momento il clima generale sembra in un certo senso richiamare alla memoria una determinata tipologia di pellicole francesi degli anni Sessanta appartenenti alla Nouvelle Vague, la situazione inscenata spinge quasi a pensare ad una variante a basso costo di A bigger splash (2015) di Luca Guadagnino; prima ancora che l’utilizzo del pianoforte all’interno della colonna sonora di Paolo Fresu non manchi di rievocare le atmosfere delle comiche del muto.

Ma come deve essere preso tutto ciò? Da un lato spiazza del tutto lo spettatore, dall’altro lo spinge inevitabilmente a storcere il naso dinanzi ad un racconto per immagini che manifesta facilmente l’incapacità di avere un senso.
Perché, complici oltretutto il ricorso a momenti disegnati e a bizzarre scelte come quella di tirare in ballo occasionali e inspiegabili apparizioni di uno squalo svolazzante, l’intenzione dei due autori è dichiaratamente quella di concepire un’operazione capace di divertire senza avere alcun senso.
Soltanto quest’ultimo dei due intenti, però, pare essergli riuscito.