Caccia al tesoro: l’Operazione San Gennaro dei fratelli Vanzina
La vita è come il teatro e, proprio come in teatro, le cose finte possono diventare vere.
Ne sa qualcosa Domenico Greco, interpretato da Vincenzo Salemme, attore che dal palco sta collezionando solo insuccessi e che, navigando nei debiti e vivendo a sbafo in casa della cognata Rosetta alias Serena Rossi, vedova di suo fratello, finisce coinvolto proprio insieme a lei in una situazione analoga a quella che nel 1966 fu al centro di Operazione San Gennaro di Dino Risi. Infatti, come lì avevamo un gruppetto di professionisti del furto impegnati a cercare di mettere le mani sul tesoro del santo del titolo, qui lo stesso diventa il bottino su cui mettono gli occhi Domenico e Rosetta dopo che, a causa di un grottesco equivoco in chiesa, s’improvvisano marioli per poter curare il figlio di nove anni lei, gravemente malato di cuore e bisognoso di un costosissimo intervento chirurgico. Impresa che avviano affiancati dallo sconosciuto Ferdinando incarnato da Carlo Buccirosso, conosciuto proprio all’interno della chiesa, e dal figlio minorenne Gennarino, con le fattezze del Gennaro Guazzo di Troppo napoletano, e alla quale si aggiungono strada facendo i due ladri romani Cesare e Claudia, ovvero Max Tortora e Christiane Filangieri. Man mano che, tra una gag dal dentista in cui troviamo il veterano della celluloide Gianni Franco e l’entrata in scena di un minaccioso camorrista dal volto del Francesco Di Leva di Natale col boss, ci si sposta da Napoli a Torino, fino a Cannes, in mezzo ad abbondanza di imprevisti e risvolti inaspettati.
Perché, con non poche citazioni cinefile spazianti dal già citato classico manfrediano ai Mandrake e Pomata di Febbre da cavallo e sufficiente dose di risate regalate in particolar modo grazie all’immancabile gioco dei dialetti, è il ricco intreccio fornito dalla sceneggiatura – a firma del regista Carlo Vanzina affiancato dall’inseparabile fratello Enrico – a rappresentare uno dei maggiori punti di forza di Caccia al tesoro, mirato oltretutto a ribadire che al teatro si vive con emozione quello che poi, nella vita, alcuni attori recitano molto male.
Del resto, si tratta sì di un heist movie tricolore, ma che intende essere, allo stesso tempo, una favola che, immersa nell’attuale spettro della tanto chiacchierata crisi economica, non manca neppure di sfornare gente di malavita dotata di grande cuore nel regalare un piacevole spettacolo da grande schermo caratterizzato da un buon ritmo narrativo ed efficacemente chiuso dalla intramontabile Napul’è di Pino Daniele.