Bumblebee: da maggiolino giallo ad autobot più amato di sempre
Prima di Sam Witwicki (Shia LaBeouf nei primi tre Transformers) e di Cade Yeager (Mark Wahlberg nei capitoli 4 e 5), c'è stata Charlie Watson (Hailee Steinfeld), colei che ha dato il nome e la voce a B-127, da tutti conosciuto come Bumblebee: siamo nel 1987 ed un misterioso asteroide colpisce una zona della California dove si sta svolgendo un addestramento militare. Ben presto la scena si trasforma in un combattimento tra robot, dal quale esce sconfitto B-127, costretto a rifugiarsi in un deposito di auto per riprendere le forze e portare a termine la missione affidatagli da Optimus Prime.
Primo atteso spin-off, nonché prequel della saga ispirata al franchise Hasbro, nato nel 1984, Bumblebee, l'autobot più apprezzato e simpatico dell'universo dei Transformers, sbarca finalmente nelle sale di tutto il mondo, ed è un tripudio di energia e divertimento allo stato puro, adatto ad un pubblico smaliziato e non pretenzioso, disposto a lasciarsi trasportare ed emozionare dalla semplicità della storia e dei messaggi in essa contenuti.
In primis l'amicizia, vero e proprio motore della vicenda che porta la giovane protagonista a compiere un percorso difficile ma necessario: attraverso l'incontro con il robot infatti, Charlie riuscirà ad affrontare la scomparsa del padre; il vuoto lasciato dalla sua assenza sarà riempito dalla missione di aiutare il suo nuovo amico in un'impresa che si rivelerà ben più grande ed incredibile delle sue aspettative. In tal modo viene gettata luce su un altro importante argomento, la famiglia, che non sempre ha le capacità e la prospettiva giusta per rendersi conto di ciò che tormenta uno dei suoi membri. Ed è proprio quello che accade a Charlie, improvvisamente alla soglia dei 18 anni e profondamente sola. Almeno sino all'arrivo di Bumblebee. Introdotto sotto le sembianze di un maggiolino giallo, Bee (come viene affettuosamente soprannominato) sopperisce ad un'esigenza naturale ed ancestrale, mettendo da parte quel sentimento di solitudine, abbandono e disperazione che spesso colpisce i teenager.
Il rapporto tra la ragazza e l'autobot è così la chiave di volta della storia, tutto incentrato sul bisogno l'una dell'altro, sulla fiducia reciproca e sull'affetto che supera ogni confine e timore.
Nel mezzo c'è anche l'amore, sotto forma di quelle prime cotte adolescenziali che erano così ben descritte nelle pellicole degli anni Ottanta, a cui la pellicola è evidentemente debitrice: sono infatti le intramontabili e sempre emozionanti note degli Smiths, dei Pretenders, degli A-ha, ad accompagnare, arricchire, colorare alcuni dei momenti più significativi. Charlie è figlia di quell'epoca, la porta stampata sulle maglie, la sfoggia come uno stile di vita a cui è impossibile resistere. Magico, da questo punto di vista, il lavoro svolto sui costumi, che caratterizzano i personaggi in maniera dettagliata ed intelligente.
Non bisogna però dimenticare che ci troviamo dinanzi ad un blockbuster con un robot per protagonista e, a dispetto di alcuni dei suoi precedenti, va anche riconosciuto quanto la parte prettamente riservata agli effetti speciali sia costruita e bilanciata bene rispetto alla storia, per cui non si ha mai la percezione di troppo invadente o ridondante.
Ultimissimo appunto si riserva alla curiosa scelta dei doppiatori di Bee - nonostante le loro voci si possano sentire solo nell'incipit della pellicola, ambientato su Cybertron: la star della serie tv Teen Wolf Dylan O'Brien nella versione originale ed il "bomber" della pallavolo italiana Ivan Zaytsev in quella nostrana.