Brutti e cattivi, quando il troppo non stroppia
Presentato nella sezione Orizzonti alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia 2017, Brutti e cattivi, opera prima diretta da Cosimo Gomez e scritta in collaborazione con Luca Infascelli, racconta le peripezie di quattro balordi, ognuno dei quali affetto da una ‘disabilità’, che organizzano una rapina alle poste per prendersi una rivalsa sulle sfortune che fin dalla nascita la vita ha loro riservato. Trama dunque poco originale, verrebbe subito da pensare, e in effetti la storia non narra nulla che non sia già stato detto sul grande schermo, eppure… Eppure il film, malgrado alcuni limiti, appare come una boccata d’aria fresca nel clima asfittico del cinema italiano. Sì, perché l’uso e l’abuso del cattivo gusto, del socialmente scorretto e dell’oscenità di linguaggio, e la totale assenza di pietismo verso l’universo dei ‘freaks’ rendono il lavoro di Gomez interessante, innovativo e del tutto spiazzante.
I personaggi creati dal regista appaiono brutti, cattivi, violenti, scurrili, eccessivi, cialtroni, bugiardi, viscidi e disgustosi, ma soprattutto divertenti, eccoli: il Papero (uno strepitoso Claudio Santamaria dotato per l'occasione di un orrido riporto), ex fenomeno da baraccone circense poiché nato privo di gambe, che vive di piccoli espedienti; la Ballerina senza braccia (un’ottima Sara Serraiocco abilissima nello svolgere qualsiasi azione con le sole dita dei piedi), fidanzata del Papero, amante del sesso, e interprete di lingua cinese; il Merda (Marco D’amore che, svestiti i panni del gelido Ciro di Gomorra, regala al pubblico grasse risate), con i neuroni cerebrali spappolati per il consumo di droga a go go; Plissé il nano (il talmente credibile Simone Martucci che non si fatica a immaginarlo per le vie di Roma a compiere rapine), rapper ed esperto scassinatore nonostante sia un mezzo genio nel campo ingegneristico. In poche parole la feccia dell’umanità racchiusa in un gruppetto di ‘handicappati’ che si muove negli stretti confini di una squallida e degradata periferia romana. In questo mix di commedia e noir dai colori saturi e dalla forse eccessiva presenza della computer grafica, a volte non troppo ben riuscita, lo sguardo del filmmaker sui protagonisti rappresenta il vero punto di forza: il copyright della cattiveria è di tutti, anche dei cosiddetti ‘diversamente abili’, è questa la vera uguaglianza.
Ispirato visivamente ai lungometraggi di Quentin Tarantino o a quelli di Guy Ritchie - anche se i richiami cinematografici riportano lo spettatore al Brutti Sporchi e Cattivi di Ettore Scola, o a Freaks, il capolavoro di Tod Browning del 1932 - l’opera del coraggioso Gomez è volutamente sopra le righe, spietata e iper-trash: una girandola di sangue e volgarità agli ordini di un nuovo modo nostrano di fare cinema che di sicuro alimenterà molte discussioni. E' comunque un peccato che tra la prima e la seconda metà del film vi sia un netto disequilibrio, e che il non aver mantenuto l’intelligente cinismo fino alle ultime battute faccia trasparire da parte dell'autore un certo timore.
Brutti e cattivi è un inno contro la commiserazione e il dannoso pietismo con cui i ‘disabili’ vengono spesso trattati, e perché questo venga capito è talvolta necessario alzare purtroppo la voce: Gomez l'ha alzata, eccome se l'ha alzata!