Bocche inutili, la Shoah dal punto di vista femminile

Film evento, nelle sale italiane dal 25 al 29 Aprile 2022, Bocche inutili, di Claudio Uberti, offre una prospettiva interessante ed insolita sull'orrore della Shoah, concentrandosi su un gruppo di donne e sulla loro femminilità negata.

Margot Sikabonyi, Lorenza Indovina, Nina Torresi, Morena Gentile e Anna Gargano sono le protagoniste di un dramma tutto femminile che le vede concentrate a sopravvivere prima nel campo di transito di Fossoli, poi in quello di concentramento di Ravensbrück. L'attualità del tema, come ha spiegato il regista durante la presentazione del film, avvenuta a Roma proprio nel giorno della Liberazione, è l'occasione buona per far riflettere su una questione tanto dolorosa, quanto tragicamente presente nel quotidiano.
La donna in quanto tale, e durante gli anni bui del Nazismo anche in quanto ebrea, era una bocca inutile, come dice il titolo: una persona priva di senso e significato, un essere vivente inferiore, così identificato dai nazisti. Lasciate a morire di fame, uccise quasi per diletto, denudate in senso letterale ma ancor più in senso metaforico, violentate, seviziate: un orrore senza fine, in un momento in cui la speranza viene meno. “Che cos'è il presente senza uno sguardo sull'avvenire?” dice infatti la protagonista. E' un presente fatto di sottomissione, paura, fame.

Nel film di Uberti, sceneggiato dallo stesso regista con Francesca Nodari e Francesca Romana Massaro, c'è tuttavia una presa di coscienza da parte delle protagoniste, una sorta di crescita personale: se inizialmente ognuna pensa alla propria salvezza, rubando pezzi di pane nascosti e pianificando fughe solitarie, nel momento in cui si copre che Ester è incinta, la nuova vita in arrivo è un simbolo di speranza, è qualcosa per cui lottare, unite, contro la brutalità dei nazisti che le donne incinte le uccidevano o peggio, le facevano abortire o, ancora peggio, le facevano partorire per poi affogare i loro neonati. Fuori imperversa la violenza, cui le prigioniere assistono guardando dalle loro finestre, dentro si manifestano accoglienza e protezione.

E' brutale la precisione di certi dettagli, lascia senza parole: è brutale la facilità con cui gli ufficiali, inclusa l'ufficiale donna, operano subdolamente e sadicamente nei confronti delle detenute. Ma come aveva dimostrato Stanley Kubrick in Arancia Meccanica, con la “cura Lodovico”, certe volte mettere di fronte alla violenza nuda e cruda, può avere effetti curativi, può essere considerato, in questo caso, l'unico modo per non dimenticare.

La musica di Andrea Guerra, accompagna le immagini, rimanendo grave per tutta la durata del film e facendosi ancor più angosciante quando i tedeschi irrompono nella camerata, con il loro carico di violenza.

Le donne che camminano come zombie, morte dentro, gli abiti stesi ad asciugare sul filo spinato, i corpi riversi al suolo: sono immagini che lacerano e che rimarranno per sempre impresse nella memoria collettiva, immagini che il regista ha saputo e voluto cogliere per raccontare, ancora una volta, una pagina tragica della storia dell'umanità.

L'impianto risulta a tratti eccessivamente teatrale, la recitazione della protagonista in primis, ma il tema della fede, presente in alcune commoventi scene, prima fra tutte l'accensione di una candela per la festa di Hanukkah, e il punto di vista tutto femminile, sono due assi nella manica del film.

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