Black Tide: Una marea nera di esistenze alla deriva

Il capitano di Polizia Francois Visconti (Vincent Cassel) si ritrova a indagare sulla misteriosa sparizione di Dany, giovane e studioso adolescente di una apparentemente tranquilla comunità francese. Nel corso delle indagini la vita del ragazzo, intrisa di complessità di ordine famigliare (la sorella disabile e il dolore della madre) e personale (la ricerca sofferta della propria identità) si intreccerà alla vita non meno burrascosa del poliziotto, segnata dalla presenza costante dell’alcol, dal dolore per l’abbandono della moglie, e dalla relazione complicata con il figlio adolescente Denis, forse invischiato in un giro di droga. A completare il quadro, poi, s’inseriranno i profili di altre due persone in particolare: il professor Yan Bellaile (Romain Duris) – vicino di casa e tutor francese di Dany – stranamente interessato alla vicenda della sparizione e a sua volta personaggio ricco di mistero, e la madre di Dany, da tempo dedita unicamente ad accudire la figlia disabile e improvvisamente distolta dal ruolo dalla presenza pressante del polizotto Francois.

Ispirato al romanzo "The Missing File", Black Tide di Erick Zonca è un polar di vocazione intimista che tenta di scavare nelle complesse dinamiche esistenziali di tutti i protagonisti messi in campo. Abuso, incesto, omicidio, identità sessuali da scoprire, disabilità, lutti emotivi, sono infatti solo alcune delle molte tematiche che Zonca tira in ballo per costruire il suo Black Tide (letteralmente marea nera), ovvero un’immersione in quelle che sono le acque sempre  scure e movimentate che scorrono anche sotto superfici di vita (solo) apparentemente placide. E questa marea nera che Black Tide naviga, si mescola e s’intreccia a tutta una serie di esistenze disfunzionali nel tentativo di sublimarne il senso di mistero.

D’altro canto, però, l’accumulo di drammi e doppi sensi dei personaggi non favorisce in alcun modo il dinamismo narrativo, ma tende piuttosto a sminuire il valore e l’intensità dei singoli.

Il capitano di polizia ‘cattivo’ e trasandato di Vincent Cassel si specchia e si scontra nell’intellettuale falso e borioso di Romain Duris, per poi ricomporsi attraverso il ragazzo sparito e il dolore fitto di Sandrine Kiberlain. E nell’andirivieni inquieto tra senso di perdita e privazione, ricerca ossessiva (Francois Visconti) e smania di protagonismo (Yan Bellaile), ogni personaggio qui diventa battitore libero di un’inquietudine esistenziale che in qualche modo affianca e avvolge tutte le altre. Ma, infine, la marea narrativa travolge un po’ tutto, dirottando il senso di una vicenda di sparizione in ricerca di tutt’altro: della propria identità, di colmare un vuoto,  di dichiarare la propria innocenza o incidentale colpevolezza.

Quasi due ore di ombre e fantasmi esistenziali che si rincorrono mancando – di fatto - di trovare o generare il vero senso della storia.