Bianco di Babbudoiu
Conosciuti dal pubblico amante della comicità televisiva come Pino e gli Anticorpi, uno si chiama Roberto Fara, mentre gli altri due sono i fratelli Michele e Stefano Manca; ma, sotto la regia dell’amico di vecchia data Igor Biddau, sul grande schermo s’invertono i ruoli e diventano fratelli i primi due e cognato di entrambi il terzo.
In ogni caso, si trovano tutti e tre alle prese con la gestione delle Tenute Babbudoiu, azienda vinicola fondata nel 1948 nel comune di Sassari e che, sotto la loro guida, è diventata una moderna realtà industriale del settore, in corsa verso nuovi traguardi nonostante le innumerevoli difficoltà che investono gli imprenditori dell’Italia d’inizio XXI secolo.
Almeno fino al giorno in cui il successo sembra essere destinato a finire dopo aver scoperto non solo che la società ha accumulato cinquecentomila euro di debiti, ma anche che hanno a disposizione soltanto quindici giorni per trovare il denaro necessario.
Quindici giorni nel corso di cui, tra una grottesca gara di testate contro una saracinesca e il tentato rapimento del migliore maiale da monta della Sardegna (!!!), da un lato vedono i loro rapporti familiari e sentimentali andare progressivamente alla deriva, dall’altro entrano in contatto con assurdi personaggi spazianti da un omosessuale con le fattezze di Benito Urgu ad un direttore di banca incarnato dallo stesso Dario Cassini che, in maniera simbolica, concede anima e corpo anche ad un usuraio decisamente sopra le righe.
Assurdi personaggi che vanno ad arricchire la varietà di situazioni surreali comprendenti, tra l’altro, omaggi al western e allo stalloniano Rocky (1976); senza contare una sequenza con automobile e palloncini ispirata in maniera evidente alle comiche che spopolarono nel periodo della Settima arte non sonora.
Man mano che la Caterina Murino di Casino Royale (2006), la Valeria Graci di Vacanze di Natale a Cortina (2011) e il Marco”BAZ”Bazzoni di Baciato dalla fortuna (2011) fanno da comprimari di lusso nel corso di circa novanta minuti di visione destinati, però, a strappare sorrisi soltanto in rare occasioni... testimoniando che la simpatia dei protagonisti non risulta affatto sufficiente a salvare dalla mediocrità un elaborato che intende essere classificato sotto il genere della commedia.