Benvenuti...ma non troppo
Direttamente dalla Francia, la parabola della solidarietà, tra ironia, attualità e prese di coscienza.
A Parigi l'inverno è tra i peggiori di sempre: una fitta nevicata sta imbiancando la città e le persone senza fissa dimora rischiano di morire assiderate per strada. Il governo decide quindi che i lavoratori poveri, ovvero coloro che guadagnano troppo poco per permettersi un alloggio dignitoso, devono essere ospitati da chi possiede appartamenti spaziosi; dai ricchi insomma. E in un lussuoso condominio del centro città, di facoltosi borghesi ce ne sono in gran quantità, disposti, chi con gioia, chi con estremo disappunto se non disgusto, ad accogliere estranei.
Con l'estrema finezza che compete ai francesi, la regista dipinge un affresco di personaggi bizzarri, egoisti, snob e incoerenti: ognuno, a modo suo, adorabile. Come il gentiluomo che si aggira per casa in giacca da camera e pantofole di velluto e, solitario e ancora provato dall'assenza della madre, è ben felice di ospitare gente in casa sua. O come Béa – la sempre valida Valérie Bonneton -, comunista sfegatata ma solo in apparenza, perché l'idea di avere in casa una donna del Mali con una bambina piccola, la devasta fisicamente e psicologicamente, tanto che inizialmente le sistema in una soffitta di pochi metri quadrati, dove fa quasi più freddo che in strada.
Per non parlare della raffinata e assai dissestata coppia formata da Christine – la bravissima Karin Viard – e da suo marito Pierre – Didier Bourdon – che pur di non accogliere estranei nel loro elegante appartamento, si mettono in casa la madre di lui e la domestica.
Il tema dell'accoglienza è quanto mai attuale: ogni giorno sui giornali si legge di frontiere chiuse, di gente che cerca rifugio in paesi stranieri, di persone allo sbando senza più una prospettiva di vita, figuriamoci un tetto sotto cui ripararsi.
A questo proposito, vista la allarmante tematica delle persone senza dimora, la società di distribuzione Officine UBU, devolverà parte degli incassi alla Croce Rossa Italiana per il contributo e l'assistenza forniti continuamente alle persone in difficoltà. Una bella iniziativa legata ad una pellicola accattivante e incoraggiante.
La paura e la diffidenza, soprattutto nella Francia atterrita dal terrorismo, sono tangibili ma non hanno la meglio: questo è quel che dimostra Alexandra Leclère con il suo delizioso film. Quello dei suoi personaggi è infatti un percorso di crescita che li mette di fronte alle diversità, ai propri timori, al proprio stile di vita. Per riconsiderare ed elaborare il tutto in funzione del buon senso e della carità, della tolleranza e dell'altruismo. Concetti apparentemente obsoleti che, solo toccando con mano la miseria e la disperazione, tornano a fare capolino nella pregiata esistenza di chi dà tutto per scontato.
Con tocco vivace e ironico, la regista si insinua in un prestigioso condominio, svelando le debolezze dei suoi abitanti. Dalla coppia insoddisfatta allo scrittore che non dorme mai, fino alla portiera dalla lingua biforcuta. Tutti loro, uniti alle persone di svariate nazionalità e provenienza che accolgono, formano un caleidoscopio di sentimenti e caratteri che, scontrandosi e poi fondendosi, danno vita ad una storia autentica e commovente.
Ricchi conformisti vs. radical chic: un incontro-scontro che garantirà risate e divertimento al grido di “comunisti di m...” e sulla base dell'acuta osservazione secondo cui “un borghese è qualcuno che ha paura”. Un film che sfiora la satira, che prende in giro le diverse fazioni politiche e le peculiarità dei rispettivi esponenti, dichiarando solennemente: “questa storia della destra e della sinistra è finita”.