Ben-Hur
Con ben undici Oscar conquistati, senza ombra di dubbio è quella diretta nel 1959 da Wlliam Wyler e che ebbe per protagonista il granitico Charlton Heston la trasposizione cinematografica più conosciuta del romanzo Ben-Hur, scritto nel 1880 da Lew Wallace e portato sullo schermo, tra l’altro, anche ai tempi del muto e tramite una mini-serie televisiva datata 2010.
Girata nei Sassi di Matera e negli studi capitolini di Cinecittà proprio come quel grande classico della celluloide epico-biblica, anche la nuova rilettura si concentra, ovviamente, sul personaggio di Giuda Ben-Hur, giovane dalle nobili origini che, stavolta incarnato dal Jack Huston di PPZ-Pride+Prejudice+Zombies, viene falsamente accusato di tradimento dal fratello adottivo e migliore amico Messala, ovvero il Toby Kebbell di Warcraft: L’inizio, ufficiale dell’esercito romano. Infatti, è soprattutto sul loro rapporto che tendono a strutturarsi principalmente le oltre due ore di visione messe in piedi dal russo Timur Bekmambetov, autore di Wanted – Scegli il tuo destino e La leggenda del cacciatore di vampiri; man mano che il primo viene costretto alla schiavitù dopo essere stato privato del prestigioso titolo e separato sia dalla sua famiglia che da Esther, donna che ama e cui concede anima e corpo la Nazanin Boniadi di Iron man.
Oltre due ore di visione chiaramente volte a condurlo a fare ritorno nella propria terra d’origine per conseguire la sua vendetta e i cui due momenti di spicco non possono fare a meno di risultare quello della spettacolare sequenza ambientata in mare e, come c’era da aspettarsi, la mitica corsa delle bighe. Corsa coreografata e montata con notevole senso del grande intrattenimento hollywoodiano, come vuole lo stile dello specialista in action-movie che si trova dietro la macchina da presa e che, però, sembra rappresentare l’unico reale motivo per il quale l’operazione è stata concepita. Perché, sebbene – in maniera a suo modo intelligente – si eviti di cadere negli stilemi del solito giocattolone/pop corn movie a base di ridicole esagerazioni, il tentativo di mantenere il tutto sulla narrazione tipica delle grandi produzioni in costume di un tempo non finisce altro che per appiattire e rendere piuttosto noioso lo svolgimento.
Tanto che, mentre troviamo in scena anche Rodrigo”300”Santoro nei panni di Gesù e il nostro Francesco Scianna in quelli di Kadeem (sorvoliamo totalmente sul Morgan Freeman/Ilderim fornito di grottesca capigliatura rasta proto-Predator), rimane da apprezzare soltanto il lodevole lavoro svolto sulle scenografie... purtroppo poste, in questo caso, al servizio di un insieme tutt’altro che distante, nel look generale, da un kolossal da prima serata casalinga sulle reti nazionali.