Autobahn – Fuori controllo

Lui, con le fattezze del Nicholas Hoult che concesse anima e corpo allo zombi innamorato di Warm bodies, è Casey, giovane americano dal passato oscuro e non proprio pulito che, convinto del fatto che tutto ciò che capita sia già successo, durante un viaggio in Europa perde la testa per lei, Juliette, ovvero la Felicity Jones de La teoria del tutto. E li vediamo diventare sempre più intimi e sdraiarsi addirittura sulla neve quasi nudi, prima che una inaspettata notizia arrivi a stravolgere il percorso della loro felice love story: a lei viene presto diagnosticata una grave malattia e lui, intenzionato a trovare i soldi utili al fine di pagarle le cure mediche, non trova altro di meglio da fare che rivolgersi al trafficante Geran, per il quale lavorava e che ama guardarsi il Perfect con John Travolta e Jamie Lee Curtis (!!!). Trafficante incarnato dal veterano Ben Kingsley e che consiglia al ragazzo di derubare il temuto gangaster Hagen; nei cui panni troviamo un Anthony Hopkins che, proprio insieme all’interprete di Gandhi, concretizza l’accoppiata di volti da Oscar tipicamente in caduta libera, destinati a fornire quelle che rientrano tra le più ridicole performance delle loro lunghe e lodate carriere.

Rappresentando soltanto uno dei difetti di Autobahn – Fuori controllo, i cui circa novantatré minuti totali si evolvono con il protagonista inseguito dagli uomini del boss malavitoso, dopo che la rapina che aveva progettato – con tanto di “autista Terminator” da affrontare – non va come previsto.
Perché è vero che – probabilmente complice la produzione del grandissimo Joel Silver che ha finanziato, tra gli altri, lo schwarzeneggeriano Commando e la trilogia Matrix – le sequenze d’azione ed i frenetici inseguimenti su quattro ruote non appaiono affatto sciatti e mal confezionati, ma il regista Eran Creevy – in precedenza autore di Shifty e Welcome to the punch – Nemici di sangue – non sembra riuscire nell’impresa di gestire in maniera adeguata l’intera operazione.

E ciò non va certo attribuito alle inverosimili assurdità tipiche del filone alla Fast & furious (qui miscelato al sentimentalismo proto-Harmony), obbligatorie e perdonabili per poter garantire l’indispensabile dose di non troppo realistico intrattenimento, ma al clima involontariamente grottesco emergente da determinate situazioni (citiamo soltanto quella che si svolge presso una stazione di servizio) e, soprattutto, alla facilmente avvertibile fiacchezza narrativa che fa capolino in più occasioni.
Per non parlare del messaggio decisamente pericoloso trasmesso in maniera piuttosto esplicita dal tutto: nella vita ognuno di noi ha buone ragioni per mettere in atto cose folli e da incoscienti, ma sono giustificate se fatte per amore.