Atlantique – Una fiaba dark che rilegge immigrazione e morte tramite il fantasma dell’amore perduto
Souleiman lavora alla costruzione di un grattacielo a Dakar, ma sono mesi che non riceve lo stipendio ed è stufo. La sua unica ancora di salvezza da quel mondo grigio è la sua Ada, bellissima diciassettenne di cui Souleiman è profondamente innamorato. Ma nell’attimo d’idillio amoroso tra i due, le cose sono destinate a mutare drasticamente. Souleiman vuole infatti partire per l’Europa insieme ai suoi compagni di lavoro, fare forse fortuna, mentre Ada è costretta a restare, e ad accettare suo malgrado le nozze con un ottimo partito imposto dai genitori, e che a conti fatti dovrebbe “cambiarle” la vita. Imbarcato Souleiman su una pirofila e verso un futuro incerto, una serie di rivelazioni fantasmagoriche si andranno però animando attorno alla vita e alla sofferenza di Ada, e lei non potrà che prendere coscienza di quella realtà onirica e distorta, abitata dai mille fantasmi del suo e di tanti altri amori perduti.
La trentanseienne Mati Diop, di madre francese e padre senegalese, prima regista di colore a concorrere per la Palma d’Oro, porta in concorso a Cannes 2019 Atlantique, storia di amori perduti e di fantasmi animata attorno le onde grosse di un Atlantico che attira e inghiotte tante esistenze speranzose di trovare una nuova vita altrove.
Attraverso un racconto che mescola realismo e ghost story, e con una regia sospesa che fissa i volti, i cuori dei protagonisti e che poi ritorna sempre lungo il bordo frastagliato di quelle acque avvolgenti e minacciose, Atlantique è opera di grande cuore che manca però di trovare una solidità sufficiente a traghettare il suo importante messaggio politico e sociale. Dall’incanto della storia d’amore e dalla bellezza del legame tra Souleiman e Ada, Mati Diop muove infatti verso i fantasmi di quegli uomini morti e rinati attraverso l’amore delle loro donne, in cerca di una vendetta per il loro sacrificio.
Sfruttamento, immigrazione, matrimoni combinati, davvero tante le tematiche che Atlantique isola e traghetta nella tragica verità di una realtà sempre attuale e di un mare che muta la sua bellezza endemica in complice inconsapevole e inerme di morte. Eppure, al netto di una regia di talento e con diversi guizzi, e un’estetica avvolgente specie in quei momenti in cui la proiezione dei protagonisti svela parte della loro sofferente interiorità, l’opera prima di Mati Diop si perde nelle troppe derive narrative e in una seconda parte che muta totalmente toni e registri creando una cesura troppo netta tra i due tempi – e i due passi - della storia.
Più forte nel messaggio che nella forma, Atlantique resta in ogni caso opera sincera e attraversata da un toccante lirismo che in alcuni frangenti ci avvicina al cuore di un dolore caldo e ancora tutto da affrontare e curare.
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