Asier e io
Il motivo del conflitto oggi è che alla gente è negato il diritto all’autodeterminazione.
Asier
Pregevole tentativo di analizzare la delicata questione dell’indipendenza basca attraverso gli occhi di due amici da sempre, con ETA sullo sfondo (per intenderci, con i doverosi distinguo, l’IRA basco), Asier e io di Aitor ed Amaia Merino ci regala 94’ asciutti, onesti e decisamente ben girati, attraverso i quali viviamo più di 8 anni della vita dei due protagonisti e della Spagna stessa.
Insignito del Premio Irizar al Cinema Basco alla 61esima edizione del Festival di San Sebastian, nel 2013, il documentario ci conduce, con una serie di flashback e flashforward, attraverso l’infanzia dei protagonisti, la prigionia di Asier (…e le mille peripezie di suo padre, culminate tragicamente) per le sue idee politiche e la Spagna di otto anni dopo, quando lui, finalmente, esce di prigione e si riunisce ai propri cari da uomo libero e, nuovamente, cittadino spagnolo a tutti gli effetti.
I dubbi di Aitor, voce narrante ed autore, insieme a sua sorella Amaia, di Asier e io diventano immediatamente anche i nostri: avrà davvero sparato? Avrà combattuto fisicamente contro gli oppositori dell’indipendenza basca…o si sarà limitato a militare nelle fila del più inquietante e sanguinoso movimento indipendentista iberico? C’è davvero differenza tra le due posture? Non si è comunque complici? Come spiegare agli amici di Madrid che lui lotta anche per la loro libertà e ne ha pagato, ne paga ancora oggi, il salatissimo prezzo in prima persona? Sarà ancora possibile essergli amici per la pelle con quella spada di Damocle sul collo dell’idea che potrebbe essersi macchiato le mani e l’anima di omicidio per non venir meno ai suoi ideali?
“Un giorno Asier, il mio migliore amico fin da quando eravamo bambini, semplicemente scomparve. Nel 2002 entrò a far parte dell'organizzazione armata ETA. Come far capire ai miei amici di Madrid, dove nel frattempo mi ero trasferito, cosa lo ha spinto a prendere una decisione di questo tipo, che anche per me era estremamente difficile da affrontare?”.
A volte le azioni sono più importanti delle persone che le compiono, ci ricordano i due amici fraterni. Evidente l’analogia tra il movimento indipendentista basco ed alcune posture e dichiarazioni del Che Guevara, sebbene le matrici culturali siano apparentemente molto distanti. Squisito e fortemente apprezzabile, il modo delicato e sincero con cui l’autore affronta tali durissimi argomenti e riesce, nonostante il ridottissimo budget a farci sorridere mentre ci propina riflessioni dure ed a tratti inesorabili.
La splendida amicizia dei due protagonisti che cerca di andare oltre lo scontro, il sangue, le ideologie, le distanze…culmina nelle intense e solitarie scene agresti in cui Asier ci racconta la storia dei Paesi Baschi e, insieme ad Aitor, il suo amico di sempre, autore del suddetto documentario, riflette sul futuro…ipotizzando teneramente ed ironicamente cosa accadrà quando, intorno ai 60 anni, dovranno anche loro partecipare a “feste intellettuali” e non potranno più divertirsi come fanno i giovani.
Dulcis in fundo…una chicca: una scena molto importante, in cui Asier Aranguren ha parlato delle durissime esperienze che ha vissuto durante l’infanzia, le quali hanno influenzato la sua decisione di entrare nelle fila di ETA è stata girata da Aitor Merino ma, teneramente, è stato impossibile inserirla nel documentario perché l’autore si è dimenticato di accendere il microfono della telecamera! Il caso non esiste. Evidentemente, era giusto che tali autobiografiche premesse rimanessero un mistero per lo spettatore.
Un piccolo gioiello da vedere e far vedere.