Arrival
Un gran film di fantascienza classica. Una di quello cose dove non è necessario sparare, fare battute sapide o battersi il petto per dare un prodotto.
Da quanto tempo non si vedeva una cosa simile? Da tanto. Non vorrei riesumare Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, ma si… lo faccio.
Ci è voluto un canadese come Denis Villeneuve per realizzare questo piccolo gioiello che va a toccare tutte le corde necessarie.
La storia potrebbe essere quella di Independence Day, 12 enormi navi aliene si posizionano a vari angoli del globo, solo che invece di partire con la consueta ordalia di distruzione, tutte le nazioni tentano di stabilire un contatto. Ma come si può stabilire un contatto con qualcuno che non parla, non scrive e nemmeno si muove come te?
E poi tutti interpreteranno al cosa allo stesso modo, o i filtri artificiali della società, faranno si che le stesse cose abbiano impatto differente sulle varie nazioni?
La parte più affascinante di Arrival risiede proprio in questo: l’analisi psicologica degli alieni e gli effetti collaterali delle azioni più semplici interpretate da qualcuno che non ha alcun riferimento con la nostra civiltà.
Nel film si respira il concetto di “scienza”, ovvero la base di un racconto fantastico che dovrebbe affondare le radici nel sapere.
La distorsione del concetto applicata dal termine inglese “science fiction” che spinge molto di più l’acceleratore sul concetto di “finzione”, piuttosto che su quello di “fantastico”, ci ha dato roba come Pacific Rim, Transformers e via dicendo mandando perduta la poesia di film come Ultimatum alla Terra, non citato casualmente, o Il pianeta proibito.
Qui torniamo all’origine del tutto.
Un film del genere non potrebbe assolutamente funzionare senza il cast adeguato. Reggere il confronto con gli alieni e cercare di rendere credibile la scienza inventata per l’occasione, richiede grandi doti e magnetismo, cosa a cui Amy Adams ci ha abituati da tempo. Più sorprendente è invece Jeremy Renner che riesce a tenere sempre un tono basso a cui non ci aveva abituato.
A questo punto è lecito chiedersi come possa procedere la storia ed arrivare ad un finale, ma non staremo certo a dirvelo, se non per il fatto che ci saranno twist, accelerazioni funzionali ad una durata umana, qualche salto carpiato senza rete e risoluzioni tipiche del genere, ma ciononostante – con una piccola sospensione dell’incredulità - si arriverà all’epilogo, perfettamente calato nell’atmosfera del tutto.
Quindi… benarrivato!
PS – se ve lo chiedeste mai, i due alieni, Tom e Jerry, in inglese hanno tutt’altro nome… Abbott e Costello (Gianni e Pinotto per intenderci).