Anomalisa

E se un giorno scopriste di vivere in un mondo popolato da persone tutte simili tra loro, sia per aspetto fisico che per tono di voce? Di abitare, insomma, in un universo di burattini tutti uguali? Già, direte voi, nulla di più analogo alla triste condizione umana che la società contemporanea ci impone. Questa dolorosa consapevolezza è il tema principale di Anomalisa, splendido film d’animazione in stop-motion scritto da Charlie  Kaufman (sceneggiatore di Essere John Malkovich e Il Ladro di Orchidee) e da lui diretto insieme a Duke Johnson.

Tutte le strade sono chiuse”, urlava Peter Egerman ne Un Mondo di Marionette di Ingmar Bergman, come a volere sottolineare che non v’è scampo o via di fuga dalla nostra stessa esistenza: altro non siamo che marionette la cui unica colpa è quella di essere nati. Sì, può sembrare tragico, ma fortunatamente non tutti se ne accorgono! Michael Stone - il personaggio creato dalla mente brillante di Kaufman – è uno scrittore affermato, specializzato nella comunicazione e nelle tecniche motivazionali, che arriva a Cincinnati per presenziare a un’importante conferenza. E’ un uomo che possiede tutto ciò che serve per essere felici: fama, benessere economico, salute e famiglia. Ma, le cose non stanno così.

Ricreando a perfezione l’atmosfera impersonale di un hotel, così come le conversazioni anodine, la cortesia impostata e le inutili chiacchiere con tassisti e cameriere, Kaufman chiude Michael in una camera d’albergo a quattro stelle. E, ad eccezione di alcune scene, è in quel luogo grigio che si svolgerà la toccante e surreale storia di Anomalisa. Lo spettatore percepisce fin dall’inizio qualcosa di strano nelle persone che interagiscono con il protagonista: hanno tutti il volto troppo somigliante e un identico timbro vocale. Non sarà che Michael, soffocato dall’asfissiante routine e insoddisfatto del suo menage familiare, veda l’intera umanità come un medesimo, soporifero essere umano? Potrebbe essere. Ma, ai più attenti, non sarà sfuggito il nome dell’hotel, Fregoli. Ecco il tocco di genio di Kaufman che arriva a mischiare le carte in tavola: la Sindrome di Fregoli, infatti, altera la percezione della realtà proprio come pare stia accadendo alla marionetta animata di Anomalisa!

Questo male di vivere di cui Michael prende improvvisamente coscienza, sembra però andare oltre la facile spiegazione della malattia mentale. Cosa facciamo in questo mondo? Siamo ciò che crediamo di essere o ciò che gli altri ritengono che noi siamo? Rappresentiamo forse qualcosa di più della maschera che abbiamo costruito per noi stessi? Sono queste le domande che Kaufman impone al pubblico in sala, e non importa se a far scaturire nelle nostre menti questi dubbi siano solo “pupazzi”, anzi, è proprio questo il valore aggiunto: tutto è farsa.

Il corto circuito emotivo che colpirà il signor Stone (mai cognome fu più appropriato) farà sperare che l’amore possa risolvere ogni cosa… ma Anomalisa possiede un’anomalia fondamentale: un cupo pessimismo lontanissimo dai tanti film d’animazione. Kaufman concentra nella sua opera tutte le sue ossessioni: solitudine, individualismo, identità, amore come via di fuga e permanente delusione, sperimentazione filmica. Il risultato è devastante e al tempo stesso straordinario.

Anomalisa è una lucida riflessione sull’incomunicabilità nelle relazioni umane fatta attraverso l’ottica di una sola persona, Michael, un protagonista stanco della piattezza della propria vita ma incapace e incurante di cambiarla. Un lavoro certamente non adatto a tutti, anche se in ognuno di noi, a ben pensarci, potrebbe nascondersi un Michael.