Anche i tedeschi, nel loro piccolo, fanno ridere
L'aggettivo che per primo viene in mente per descrivere Vi presento Toni Erdmann, la commedia tedesca più premiata dell'anno, è senza dubbio surreale. E c'era da aspettarselo, essendo un'opera per l'appunto tedesca. Cinque premi EFA, vincitore del Lux Film Prize, Premio Fipresci al Festival di Cannes e, last but not least, candidato ai prossimi Oscar come Miglior Film Straniero. I dati parlano chiaro, il film di Maren Ade è stato un successo. Meritato.
Perché, a dispetto della nomea non proprio entusiastica del cinema tedesco, due ore e quaranta di narrazione non si avvertono minimamente. E l'originalità del racconto, surreale, sì, ma fortemente intriso di autenticità e vita quotidiana, è il punto forte di una commedia sui generis che esplora in maniera bizzarra, malinconica e al tempo stesso ironica il rapporto padre - figlia.
Ines è un donna in carriera tutta lavoro e tailleur castigati. Suo padre Winfried insegna privatamente pianoforte ed ama fare scherzi di continuo. Con del tempo libero a disposizione, decide di recarsi a Bucarest a trovare la figlia, impegnata in un importante progetto. Mossa azzardata che scombussola la vita di Ines, innervosendola e spiazzandola a più riprese.
Tra un colloquio e l'altro, tra una buffa dentiera e ardite battute, il soggiorno rumeno di padre e figlia sfocia ben presto in un litigio, finale inevitabile di una apparente inconciliabilità, ma passo necessario per la ricostruzione del rapporto tra i due.
Winfried infatti ama sua figlia nonostante sia così glaciale e non si dà per vinto, tornando sulla scena nei panni di Toni Erdmann, il presunto coach dell'Amministratore Delegato. Il terrore corre sul filo e lo spettatore è sempre pronto ad assistere ad uno degli stravaganti travestimenti di Winfried che mandano Ines su tutte le furie, iniziando però, a poco a poco, a fare breccia nella sua gelida corazza e soprattutto nel suo cuore.
Come in un moderno ed eccentrico romanzo di formazione, Ines viene a patti con la sua figura paterna e con la propria anaffettività e l'abbraccio nel parco, con il malcapitato Winfried che indossa una mastodontica maschera bulgara, è assai commovente.
Lodevole dal punto di vista narrativo, il film mantiene tuttavia il tipico impianto tedesco, con dialoghi diradati, lunghi silenzi e l'impianto tecnico-visivo ridotto all'osso. E, sempre sposando il filone della cinematografia tedesca, non mancano sequenze e/o battute estemporanee e sopra le righe, vedi la scena di sesso che, in tutta onestà, risulta alquanto disgustosa sebbene serva a delineare un ulteriore aspetto caratteriale della protagonista. Ai nudi anche maschili, del resto, si ricorre con estrema facilità; tuttavia, le parti più esilaranti del film sono proprio quelle del ricevimento nudista improvvisato da Ines a sostegno del team building richiestole dal suo capo. Letteralmente da sbellicarsi dalle risate.
Con mezz'ora in meno, il film sarebbe stato perfetto perché i travestimenti e gli scherzi di Winfried alla lunga risultano ripetitivi; va pur detto che la durata, 162 minuti, si avverte in misura minima grazie alla profonda e autentica interpretazione di Sandra Hüller e Peter Simonischek, lui nel disperato tentativo di conquistare l'attenzione della figlia, lei nella riscoperta della propria sensibilità.
La sua personalità solitaria infatti, è figlia dell'essere una donna in carriera. Non è femminista e pensa che autodeterminazione ed uguaglianza siano scontati ma la discriminazione delle donne in certi ambiti lavorativi è un dato di fatto che la regista non ha certo lasciato in secondo piano, facendo della sua protagonista un personaggio contemporaneo e universale.
Terzo lungometraggio di un'autrice che conosce a fondo il dramma e che lo ha esplorato nei primi due film, The forest for the trees e Everyone Else, vincitori di numerosi riconoscimenti tra cui due Orsi d'argento alla Berlinale 2009 per il secondo: con Vi presento Toni Erdmann Maren Ade cambia rotta e, pur mantenendo un tono nostalgico di fondo, si getta a capofitto nella commedia, usando l'umorismo come arma difensiva del protagonista maschile.
Il risultato è un film che forse nel nostro paese rimarrà di nicchia ma che, se visto, non farà che ampliare i nostri orizzonti, regalando almeno un paio di scene davvero esilaranti.