Ad Astra - La Gravità Interstellare
Effettivamente il motto latino (di origine greca) sarebbe “Per aspera ad astra”, e forse l’omissione della prima parte è un po’ colpevole, considerando che allo spettatore viene richiesto in notevolissimo sacrificio.
Vedendo il film verrebbe da pensare che se oggi Clint Eastwood avesse girato il suo Space Cowboys, sarebbe stato qualcosa di simile, visto che la fantascienza ormai sembra dover essere sempre qualcosa di molto rigoroso e intimista, diciamo viaggia più vicino a Solaris che a Fanteria dello Spazio (e dire che è il secondo quello tratto da uno dei libri più iconici del genere), ma forse non lo avrebbe girato.
Tant’è che James Grey ha deciso di chiamare due dei 4 “space cowboys”: Donald Sutherland e Tommy Lee Jones, peraltro il secondo ha voluto da contratto un’altra passeggiatina nello spazio, visto che l’ultima volta non era finita benissimo, da affiancare all’uber divo Brad.
Futuro prossimo, in una Terra depauperata delle sue risorse, la via d’uscita per l’umanità sembra essere una sola: lo spazio. La Luna è oramai periferia terrestre e un Marte colonizzato è il trampolino per il sistema solare.
Una missione esplorativa partita 30 anni prima avrebbe dovuto stazionare nei pressi di Nettuno per cercare forme di vita aliene, ma la missione, guidata da Clifford McBride, si è fermata a Saturno ed è dispersa.
Trent’anni il maggiore Roy McBride, figlio del grande esploratore, viene informato del fatto che forse suo padre è vivo e può essere contattato. Sarà l’inizio di un viaggio inatteso per Roy, ma soprattutto di una discesa nella sua anima.
L’idea di fondo del regista non è male, soprattutto nelle premesse di una società colonialista, ma allo stesso tempo pesantemente controllata dalla necessità di sopravvivere.
Anche la ricostruzione degli ambienti e del prossimo futuro è molto accattivante, ben sostenuta dalla prova di Brad Pitt che ha sulle spalle tutto il peso del film.
Il suo viaggio solitario ricorda un po’ quello della Bullock in Gravity, in cui c’era anche l’amico George Clooney, ma con una venatura da “Cuore di Tenebra”, stile Apocalypse Now.
Non si tratta di un film brutto, assolutamente, ma di un’opera che non riesce a dosare il ritmo, nella sua lentezza introspettiva, e che nella seconda parte risulta particolarmente soporifera, o meglio relativizza talmente il tempo da dilatarlo tanto da sembrare di quasi 3 ore.
L’ispirazione è quindi molteplice e Brad da sicuramente prova di essere anche un grande attore, in questo suo anno d’oro, attorniato da ottimi comprimari, ma manca qualcosa. In ogni caso da vedere assolutamente solo al cinema.