Abbraccialo Per Me
La disabilità mentale, o meglio intellettiva, non è un tema facile da trattare al cinema. Già, perché o ci si chiama Milos Forman (Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo), Robert Zemeckis (Forrest Gump), Barry Levinson (Rain Man), Lasse Hallstrom (Buon Compleanno Mr.Grape) e Xavier Dolan (Mommy), oppure si rischia un clamoroso autogol. Tenendo presente che i film a basso costo non sempre sono sinonimo di “flop”, Vittorio Sindoni, con il suo lavoro low-budget Abbraccialo Per Me è purtroppo andato pericolosamente vicino a un’autorete.
Il film racconta la storia di Caterina (Stefania Rocca), una madre che per troppo amore non riconosce la malattia mentale del figlio Francesco (Moisè Curia): una donna che ogni giorno si troverà a fronteggiare i pregiudizi degli abitanti del suo paese e, come una leonessa con i propri cuccioli, difenderà Francesco - soprannominato Ciccio - contro il mondo intero.
Pur riconoscendo al regista siciliano la buona dose di coraggio dimostrata nell’affrontare un argomento così spinoso, si deve comunque ammettere che, a volte, la temerarietà non basta. Sindoni, oltre a confezionare un prodotto di stampo decisamente televisivo, si concentra infatti più sullo stretto rapporto madre/figlio che non sulle reali difficoltà con cui i pazienti affetti da tali disturbi sono destinati a misurarsi, trascurando così il dramma psichiatrico e le sue tante sfaccettature.
Abbraccialo per Me appare dunque come un’opera incompleta dove, a tratti, la malattia mentale risulta essere rappresentata in maniera troppo superficiale e stereotipata. Se Sindoni avesse raffigurato il malandato sistema delle terapie farmacologiche, o se avesse puntato il dito sulle carenze strutturali preposte alle cure necessarie, il suo film avrebbe potuto avere una valenza di forte impatto sia emotivo che sociale: ma con i “se”, è noto, non si va mai troppo lontano.
Nonostante la bravura dell’intero cast, la fluidità della narrazione è messa a dura prova dalla netta divisione delle battute tra i personaggi, sembra infatti di assistere a continui botta e risposta con tempi eccessivamente prolungati. In alcune scene, inoltre, il melodramma è sempre dietro l’angolo, e l’empatia che lo spettatore dovrebbe provare per i protagonisti stenta ad arrivare.
L’amore incondizionato di Caterina nei confronti di Francesco è quello che di norma qualsiasi genitore dovrebbe nutrire per la propria prole, e il fatto che Ciccio sia affetto da sindrome dissociativa appare quasi come un pretesto per mettere in scena il dolore di ogni madre alle prese con un figlio “particolare”.
Dispiace, ma Abbraccialo per Me è un’occasione in parte persa, un film in cui si poteva osare di più senza timore di prendere posizioni scomode, invece, tutto sembra scorrere sul filo delle parole di Erich Fromm: “Il rapporto tra madre e figlio è paradossale e, per un senso, tragico. Richiede il più intenso amore della madre, e tuttavia questo stesso amore deve aiutare il figlio a staccarsi dalla madre e diventare indipendente”.