A un metro da te: uno young adult apprezzabile e pieno di spunti interessanti, con la star di Riverdale, Cole Sprouse
Stella (Haley Lu Richardson) ha diciasette anni, un account YouTube su cui è molto seguita e vive in ospedale in attesa di un trapianto di polmoni. Tutto cambia il giorno in cui incontra Will (Cole Sprouse, Riverdale), malato anche lui ma apparentemente deciso a non seguire le cure. Tra i due nasce un'intesa che li porterà a guardare le cose da un altro punto di vista.
Ispiratosi ad una sua esperienza personale, il regista Justin Baldoni - al quale si deve l'interessante serie di documentari My Last Days (2012) incentrata sui giovani che convivono con gravi malattie - sceglie di raccontare la storia che sente più vicina, che può permettergli (a lui come a tantissime altre persone in qualche modo coinvolte dai temi trattati) di esorcizzare, metabolizzare ed entrare in sintonia con i protagonisti.
Sorprendenti ed autentici, Sprouse e la Richardson incarnano alla perfezione i loro rispettivi personaggi, donando loro una bellezza che va oltre i semplici parametri estetici fino a toccare quell'anima nascosta nel profondo di ciascuno di noi. Con il suo incedere implacabile e degenerativo, la malattia non fa altro che accentuare tale aspetto costringendo chiunque vi sia coinvolto a dare (e mostrare) il meglio di sè, al fine di non sprecare neanche un attimo della propria esistenza.
Il tocco umano è quindi la chiave di volta dell'intera vicenda: attraverso la voce fuori campo di Stella percepiamo subito l'importanza del contatto fisico, prima ed ancestrale forma di comunicazione, necessario come l'aria soprattutto nel momento in cui ci è impedito. Tutto si gioca quindi su questa assenza, sulla pericolosità della vicinanza che diviene via via sempre più urgente. Come si fa ad esprimere il proprio affetto senza un abbraccio? E cos'è l'amore senza baci?
Sono appunto i limiti a dettare la strada da percorrere per chi è affetto da simili malattie, costretto a trovare soluzioni alternative (e non sempre così salutari) là dove non sembrano essercene. Ecco allora che la mania di controllo di Stella cela qualcosa di più, fa emergere tutto un altro fondamentale e delicato discosrso sulla sindrome del sopravvissuto; mentre la noncuranza di Will proviene dalla perdita di speranza, o meglio dalla strenua volontà di autopreservarsi, evitando di contare su una salvezza molto poco probabile. Come è ovvio e naturale, anche loro hanno dei sogni, dei desideri, delle esigenze che cercano disperatamente di non accantonare, nonostante le percentuali riguardanti le loro aspettative di vita, e che gradualmente li avvicinano: social e fumetti si rivelano due forme (artistiche) imprescindibili per la conoscenza l'uno dell'altro, grazie ai quali hanno modo di entrare in contatto senza bisogno di troppe parole, arrivando a confrontarsi e a fare forza su ciò che li unisce e li contraddistingue al tempo stesso.
L'umorismo presente nella pellicola, centellinato ma basilare, è forse la parte più riuscita della sceneggiatura che mostra qualche banalità e lacuna qui e là. Nonostante ciò e sebbene non arrivi ai livelli (ben più alti) di prodotti simili quale per esempio Colpa delle stelle, A un metro da te è un'apprezzabile offerta nel genere young adult, senza pretese e con più spunti di interesse, arricchiti da una splendida colonna sonora a cui fa da suggello l'emozionante Don't give up on me di Andy Grammer.