A Tor Bella Monaca non piove mai: l'esordio alla regia di Marco Bocci é un'opera potente e personale
Divenuto celebre per il ruolo del commissario Scialoja nella serie targata Sky Romanzo criminale, Marco Bocci debutta dietro la macchina da presa adattando il suo primo romanzo, A Tor Bella Monaca non piove mai - il titolo fa riferimento al fatto che in alcune zone di Roma "piove" indica l'arrivo della polizia: Mauro (Libero De Rienzo) e Romolo (Andrea Sartoretti) sono due fratelli apparentemente agli antipodi, che vivono ancora con i genitori e cercano di tirare avanti come capita, se non che ad un certo punto sarà impossibile resistere alla tentazione di una svolta, per quanto rischiosa sia.
Ciò che colpisce di questo esordio é innanzitutto lo stile, perfettamente in linea con la nuova corrente di cinema italiano che da qualche anno a questa parte sta sfornando opere originali e valevoli. Uno stile pop, che strizza l'occhio al fumetto e al videogioco, talvolta iperrealistico ed eccessivo ma sempre adeguato alla narrazione. Ecco allora che il "tunz tunz" della discoteca spezza all'improvviso il silenzio assoluto dei titoli di testa, quasi ad anticipare quello che di lì a poco accadrà nella routine della famiglia Borri.
Proprio l'utilizzo della musica si rivela uno dei punti di maggiore forza del progetto: con precisione e senza alcun timore di esagerare, il sonoro interviene nei momenti clou, donando loro quella carica emotiva che lascia una scia ed una sensazione utilissime per entrare ancora più dentro alla storia. Si resta così avvinti dalle vicende di Mauro e Romolo, ma anche di tutti coloro gli gravitano intorno.
Ci si schiera, si fa il tifo e, al tempo stesso, si riflette su quanto l'essere cresciuto in un determinato ambiente possa effettivamente influenzare l'esistenza di una persona, su come agiscano i pregiudizi persino all'interno della famiglia che dovrebbe invece essere il luogo in cui si viene difesi ad ogni costo, ed infine sulla società in cui viviamo e che non tutela ne' fa giustizia quando serve.
Bocci, originario di Marsciano in Umbria, sceglie di ambientare il suo racconto in una delle periferie più (tristemente) celebri di Roma, inserendo però un elemento di novità e sorprendendo con la sua onestá di fondo: se infatti Tor Bella Monaca viene spesso identificata con criminalità e malaffari, la famiglia protagonista non bazzica tali contesti anzi, ne resta fuori fin tanto che è possibile, rispettando la legge e subendone anche le beffe. Rifacendosi in qualche modo ad un particolare momento della sua vita, il cineasta riesce così a metabolizzare il suo scontento attraverso la figura di Mauro, un buono di natura costretto dalle esigenze a compiere un gesto estremo e a lui estraneo.
Accanto gli si muovono tante figure allo sbando, dal padre Guglielmo (Giorgio Colangeli), vessato dalle tasse dopo anni di sacrifici e alle prese con un inquilino moroso, alla nuora Lucia (Fulvia Lorenzetti), che sogna una casa per la sua famiglia, sino ad arrivare a Ruggero (Giordano De Plano), un uomo devastato e finanche svuotato dalle ferite del passato, vera e propria chiave di tutto il film.
In un simile contesto, la periferia diventa contenitore e testimone di storie, appassionatamente fotografata e resa sullo schermo dallo sguardo del regista che la eleva a protagonista collaterale.
Evidentemente supportato da un parterre di amici a dir poco "commovente" - oltre al Sartoretti di Romanzo criminale e al De Plano di Squadra Antimafia, troviamo, in due piccole parti, Riccardo Scarafoni e Fabrizio Sabatucci, suoi partner sul palcoscenico ne La fine della fiera - Bocci dà vita ad un'opera prima potente, emozionante, rabbiosa, personale, mostrando di sapere bene ciò che vuole e come fare per arrivarci, e soprattutto, di aver trovato esattamente la sua via.