A shot through the wall: da Torino riflessioni intime e fondamentali sul tema del razzismo
Tra le opere presentate Fuori Concorso al 38esimo Torino Film Festival, A shot through the wall è un'intensa e interessante riflessione sul senso di colpa, sulla responsabilità privata e comunitaria, sulla nostra attuale società e sulle drammatiche dinamiche che la attraversano.
Mike Tan (il bravissimo Kenny Leu) è un agente di polizia, di origine cinoamericana, che svolge il suo servizio per le strade di Brooklyn. Un giorno si ritrova invischiato in un incidente sul lavoro, a seguito del quale perde la vita un giovane ragazzo afroamericano.
Dopo la scuola di cinema e una serie di cortometraggi, Aimee Long debutta al lungometraggio. Il suo è un esordio più che notevole. La solidità e la sensibilità messe in campo sono ciò che rende la narrazione così potente. Il protagonista affronta un percorso intimo pieno di difficoltà, dal quale ne uscirà inevitabilmente cambiato. L'ambiente circostante non fa che riflettere lo stato d'animo dell'uomo, sebbene a volte lui tenti di nasconderlo. Spinto a confrontarsi con quelli che sono i suoi demoni personali, arriverà anche a prendere decisioni inattese.
La forza di un'opera simile è soprattutto nel tenere le questioni all'interno di una sfera privata, mostrando quanto accade all'interno di una famiglia devastata da una tragedia. Il contesto esterno entra solo nel momento in cui serve a dare un ulteriore impulso. Sulle spalle di Mike si addensano pensieri e le questioni diventano a un certo punto troppe e troppo pesanti. Gli stessi genitori non comprendono fino in fondo cosa si agita nell'animo del figlio. E come protrebbero? L'unica che in qualche modo sembra sapergli stare accanto è la sorella May (Fiona Fu), anche lei conscia delle aspettative che la famiglia ha nei loro confronti. Aspettative che hanno sempre delle conseguenze.
Il tema del razzismo, cruciale all'interno della storia, diviene un mezzo per gettare luce su una problematica enorme, grave, attuale. E non è mai abbastanza il lavoro che si fa su di esso; l'urgenza di parlarne, di discuterne e anche di agire è quasi più viva oggi che in passato. A rafforzare il concetto, la presenza di Candace (Ciara Renée, nota dalla serie Legends of Tomorrow), fidanzata del protagonista e di origini afroamericane. C'è una battuta emblematica a tal proposito, nel quale ci si domanda perchè debba essere Mike il capro espiatorio per tutti i crimini della polizia.
L'unica nota forse stonata è la scelta del finale, che appare un po' sbrigativo, ma non semplicistico, dal momento che permette di approdare a una scena conclusiva di un impatto emotivo straordinario. Da un semplice sguardo viene fuori un vortice di emozioni che travolge e sconvolge, senza possibilità di replica. Ma non c'è tempo per metabolizzare, se non durante i titoli di coda.
A shot through the wall va così ad inserirsi nella schiera di pellicole quali per esempio Detroit e Fruitvale station, dove si avverte forte il desiderio di fare qualcosa, di non lasciare che il silenzio, la codardia, l'omertà abbiano la meglio. É importante che cineasti come la Long decidano di schierarsi e farsi carico di una situazione andata ormai troppo oltre. Soprattutto se dietro ci sono esperienze, competenze e idee di un certo valore.