Nato nel 1950, Zhang Yimou si impone all’attenzione del pubblico internazionale nel 1988, conquistando l’Orso d’oro a Berlino con il film Sorgo rosso, e proseguendo la sua carriera con titoli come Ju Dou (1990, la prima di tre candidature all’Oscar per il miglior film straniero), Lanterne rosse (1991, Leone d’argento e nuova nomination), La storia di Qiu-Ju (1992, Leone d’oro), Vivere! (1994, Grand Prix al Festival di Cannes), La triade di Shangai (1995, candidato all’Oscar per la migliore fotografia), Keep Cool (1997), Non uno di meno (1999, nuovo Leone d’oro), La strada verso casa (1999, Orso d’argento a Berlino).
Gli anni 2000 si aprono con due straordinari successi al boxoffice in tutto il mondo: Hero (2002, premiato a Berlino e candidato all’Oscar) e La foresta dei pugnali volanti (2004, ancora una nomination all’Oscar per la migliore fotografia), cui seguono Mille miglia... lontano (2005), La città proibita (2006, candidato all’Oscar per i migliori costumi), Sangue facile (2010), I fiori della guerra (2011), Lettere di uno sconosciuto (2014) e The Great Wall (2016).
Vincitore di un Leone d’argento per Lanterne rosse (1991) e di due Leoni d’oro per La storia di Qiu-Ju (1992) e Non uno di meno (1999), il maestro del cinema cinese Zhang Yimou torna alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2018 con un nuovo capolavoro, Shadow. Dopo Hero e La foresta dei pugnali volanti, senza contare la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino, Zhang torna a meravigliare il pubblico con un film epico: ambientato nel periodo storico dei Tre Regni, Shadow racconta la storia di un grande re, deciso a riconquistare la terra che gli è stata tolta. Un sovrano ambizioso, ma dai metodi misteriosi. Il suo grande generale è un visionario mosso dall’unico desiderio di vincere la battaglia finale, ma costretto a tessere i suoi piani in gran segreto. Le donne del palazzo sono figure tragiche, strette tra l’essere venerate come dee e trattate come pedine. E poi c’è l’uomo comune, attorno a cui si agitano inesorabili le forze
della storia, sempre pronte ad inghiottirlo.
Personaggi
Zhang Yimou
Regista, Produttore, Attore
Xi'an, Shaanxi. Cina
14.11.1951
Regista
Sceneggiatore
Nato nel 1950, Zhang Yimou si impone all’attenzione del pubblico internazionale nel 1988, conquistando l’Orso d’oro a Berlino con il film Sorgo rosso, e proseguendo la sua carriera con titoli come Ju Dou (1990, la prima di tre candidature all’Oscar per il miglior film straniero), Lanterne rosse (1991, Leone d’argento e nuova nomination), La storia di Qiu-Ju (1992, Leone d’oro), Vivere! (1994, Grand Prix al Festival di Cannes), La triade di Shangai (1995, candidato all’Oscar per la migliore fotografia), Keep Cool (1997), Non uno di meno (1999, nuovo Leone d’oro), La strada verso casa (1999, Orso d’argento a Berlino).
Gli anni 2000 si aprono con due straordinari successi al boxoffice in tutto il mondo: Hero (2002, premiato a Berlino e candidato all’Oscar) e La foresta dei pugnali volanti (2004, ancora una nomination all’Oscar per la migliore fotografia), cui seguono Mille miglia... lontano (2005), La città proibita (2006, candidato all’Oscar per i migliori costumi), Sangue facile (2010), I fiori della guerra (2011), Lettere di uno sconosciuto (2014) e The Great Wall (2016).
Vincitore di un Leone d’argento per Lanterne rosse (1991) e di due Leoni d’oro per La storia di Qiu-Ju (1992) e Non uno di meno (1999), il maestro del cinema cinese Zhang Yimou torna alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2018 con un nuovo capolavoro, Shadow. Dopo Hero e La foresta dei pugnali volanti, senza contare la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino, Zhang torna a meravigliare il pubblico con un film epico: ambientato nel periodo storico dei Tre Regni, Shadow racconta la storia di un grande re, deciso a riconquistare la terra che gli è stata tolta. Un sovrano ambizioso, ma dai metodi misteriosi. Il suo grande generale è un visionario mosso dall’unico desiderio di vincere la battaglia finale, ma costretto a tessere i suoi piani in gran segreto. Le donne del palazzo sono figure tragiche, strette tra l’essere venerate come dee e trattate come pedine. E poi c’è l’uomo comune, attorno a cui si agitano inesorabili le forze
della storia, sempre pronte ad inghiottirlo.