È nato in Malesia il 27 ottobre 1957. Nel 1977, all’età di vent’anni, emigra a Taiwan, dove studia teatro e cinema presso la Chinese Culture University di Taipei, maturando un particolare interesse per gli autori europei, tra cui Bresson e Antonioni, e laureandosi nel 1982.
Tra il 1981 e il 1983 ha scritto quattro opere teatrali sull’isolamento urbano, tema che ricorrerà anche nel suo cinema della maturità. Negli anni seguenti è autore di diverse sceneggiature, alcune delle quali confluiranno nei suoi esordi come regista televisivo, come All the Corners of the World (1989) e Boys (1991), ruotanti attorno a figure di giovani ribelli alla deriva nella metropoli.
Tsai Ming-liang ha presentato il suo primo lungometraggio per il grande schermo, I ribelli del dio neon, alla Berlinale nel 1992. Il film, con cui imbastisce lo stile registico che diverrà suo marchio di fabbrica e che gli vale l’attenzione della critica internazionale, verte su un ragazzo che, dopo aver segretamente abbandonato la scuola, inizia a pedinare un giovane teppista verso cui ha sviluppato una morbosa attrazione e da cui verrà respinto in malo modo. Nel suo secondo film, Vive l’amour (1994), vincitore del Leone d’oro al Festival di Venezia, viene ulteriormente accentuato il tema della solitudine e della conseguente, inevitabile, penosa ricerca di contatti umani, attraverso la distaccata rappresentazione di tre personaggi le cui esistenze arrivano ad incrociarsi senza che però questo conduca ad una vera svolta nelle loro esistenze.
Due anni dopo, Il fiume ha vinto il Premio della Giuria a Berlino: la storia ripropone il trio di attori del suo film d’esordio, in una similare rappresentazione di una famiglia disfunzionale in cui il dialogo sembra inesistente, e per la prima volta Lee mette in scena il proprio dolore fisico, apparendo con il collo fasciato. Con questi tre film Tsai è ormai diventato un nome di punta della seconda new wave taiwanese. Tutti i suoi lungometraggi finora sono stati selezionati dai tre principali festival cinematografici del mondo, mentre cinque di loro hanno vinto il Premio FIPRESCI. Nel 2009 Face è stato il primo film ad essere incluso nel progetto del Museo del Louvre “Le Louvre s’offre aux cineastes”.
Negli ultimi anni, infatti, Tsai ha ricevuto attenzione anche dal mondo dell’arte, essendo stato invitato a partecipare a varie mostre e festival, e per aver presentato idee artistiche come il “Cinema scolpito a mano” e “La rimozione dei processi industriali dalla produzione artistica”.
Nel 2012 ha dato vita alla serie Slow Walk e da allora ha completato otto film, di corto e medio metraggio, proiettati in festival d’arte e gallerie in tutto il mondo. Tornato a Taiwan, ha promosso attivamente i concetti di “Museo d’arte come cinema” e “Il modo di guardare previsto dall’autore”, introducendo nuove modalità di visione dei film come un modo per bilanciare il mercato cinematografico eccessivamente commercializzato.
Tsai è uno dei registi più sensuali, sensibili e austeri di questa generazione. Vede il corpo umano come una macchina misteriosa, malleabile e volgare e, attraverso il suo lavoro, cerca di metterne a nudo le funzioni sensoriali. I suoi film, solitamente privi di dialogo e di musica extradiegetica, composti da lenti piani sequenza o campi fissi di lunga durata, presentano la vita nella sua forma più autentica, mostrandoci l’impotenza degli umani, i loro desideri, il vuoto e la solitudine. Il suo obiettivo, da molto tempo fissato su Lee Kang-sheng, è infatti fissato sulla vita stessa.
Personaggi
Tsai Ming-liang
Regista, sceneggiatore
Kuching. Malesia
27.10.1957
Regista
Sceneggiatore
Produttore Esecutivo
È nato in Malesia il 27 ottobre 1957. Nel 1977, all’età di vent’anni, emigra a Taiwan, dove studia teatro e cinema presso la Chinese Culture University di Taipei, maturando un particolare interesse per gli autori europei, tra cui Bresson e Antonioni, e laureandosi nel 1982.
Tra il 1981 e il 1983 ha scritto quattro opere teatrali sull’isolamento urbano, tema che ricorrerà anche nel suo cinema della maturità. Negli anni seguenti è autore di diverse sceneggiature, alcune delle quali confluiranno nei suoi esordi come regista televisivo, come All the Corners of the World (1989) e Boys (1991), ruotanti attorno a figure di giovani ribelli alla deriva nella metropoli.
Tsai Ming-liang ha presentato il suo primo lungometraggio per il grande schermo, I ribelli del dio neon, alla Berlinale nel 1992. Il film, con cui imbastisce lo stile registico che diverrà suo marchio di fabbrica e che gli vale l’attenzione della critica internazionale, verte su un ragazzo che, dopo aver segretamente abbandonato la scuola, inizia a pedinare un giovane teppista verso cui ha sviluppato una morbosa attrazione e da cui verrà respinto in malo modo. Nel suo secondo film, Vive l’amour (1994), vincitore del Leone d’oro al Festival di Venezia, viene ulteriormente accentuato il tema della solitudine e della conseguente, inevitabile, penosa ricerca di contatti umani, attraverso la distaccata rappresentazione di tre personaggi le cui esistenze arrivano ad incrociarsi senza che però questo conduca ad una vera svolta nelle loro esistenze.
Due anni dopo, Il fiume ha vinto il Premio della Giuria a Berlino: la storia ripropone il trio di attori del suo film d’esordio, in una similare rappresentazione di una famiglia disfunzionale in cui il dialogo sembra inesistente, e per la prima volta Lee mette in scena il proprio dolore fisico, apparendo con il collo fasciato. Con questi tre film Tsai è ormai diventato un nome di punta della seconda new wave taiwanese. Tutti i suoi lungometraggi finora sono stati selezionati dai tre principali festival cinematografici del mondo, mentre cinque di loro hanno vinto il Premio FIPRESCI. Nel 2009 Face è stato il primo film ad essere incluso nel progetto del Museo del Louvre “Le Louvre s’offre aux cineastes”.
Negli ultimi anni, infatti, Tsai ha ricevuto attenzione anche dal mondo dell’arte, essendo stato invitato a partecipare a varie mostre e festival, e per aver presentato idee artistiche come il “Cinema scolpito a mano” e “La rimozione dei processi industriali dalla produzione artistica”.
Nel 2012 ha dato vita alla serie Slow Walk e da allora ha completato otto film, di corto e medio metraggio, proiettati in festival d’arte e gallerie in tutto il mondo. Tornato a Taiwan, ha promosso attivamente i concetti di “Museo d’arte come cinema” e “Il modo di guardare previsto dall’autore”, introducendo nuove modalità di visione dei film come un modo per bilanciare il mercato cinematografico eccessivamente commercializzato.
Tsai è uno dei registi più sensuali, sensibili e austeri di questa generazione. Vede il corpo umano come una macchina misteriosa, malleabile e volgare e, attraverso il suo lavoro, cerca di metterne a nudo le funzioni sensoriali. I suoi film, solitamente privi di dialogo e di musica extradiegetica, composti da lenti piani sequenza o campi fissi di lunga durata, presentano la vita nella sua forma più autentica, mostrandoci l’impotenza degli umani, i loro desideri, il vuoto e la solitudine. Il suo obiettivo, da molto tempo fissato su Lee Kang-sheng, è infatti fissato sulla vita stessa.