la vicenda dimenticata, ritrovata e clamorosa di Emma Carelli: diva assoluta del teatro d’opera, osannata in tutto il mondo nei primi del ’900, e una delle prime donne manager italiane, direttrice del Teatro Costanzi (l’odierno Teatro dell’Opera di Roma) dal 1912 fino al 1926. Soprano acclamata in Italia, in Europa, fino in Sudamerica, riuscì a trionfare anche come impresaria in un ambiente dominato esclusivamente da uomini portando nel suo teatro, per la prima volta in Italia, Picasso, i Balletti russi e i Futuristi. Popolarissima e insieme innovatrice, carattere indomito, libera, emancipata, sin da giovane manifestò un’indole tale da farle tenere testa a colleghi più maturi, ai concorrenti degli altri Teatri, addirittura all’autorità massima e temuta del Maestro Arturo Toscanini. E al capo del nuovo regime, Benito Mussolini. Molto, tanto, troppo, per una donna in quegli anni. Arrivata allo zenith della considerazione pubblica, Emma Carelli inizia durante il fascismo a subire contraccolpi dalla sfera privata e da quella politica. Nel 1926 il Governo la estromette improvvisamente dalla direzione del suo teatro, perché – recita un resoconto redatto dalla polizia segreta fascista – “come donna ha sviluppato un carattere indipendente che le fa assumere atteggiamenti di superiorità verso chicchessia”. Nell’Italia che si avvia verso il regime autoritario Carelli vede la fine del suo teatro, del suo matrimonio, della sua parte di protagonista nel mondo dello spettacolo. Muore in maniera cruenta nel 1928, l’anno che registra il maggior numero di donne suicide nella storia d’Italia.
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La prima donna
La prima donna
Archivio 05.10.2020
2019 ITA 90 min
Documentario
Regia Tony SaccucciTony Saccucci
Sceneggiatura Edoardo Carboni, Lorenzo Corsini, Tony SaccucciEdoardo Carboni, Lorenzo Corsini, Tony Saccucci
Distribuzione Luce Cinecittà
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la vicenda dimenticata, ritrovata e clamorosa di Emma Carelli: diva assoluta del teatro d’opera, osannata in tutto il mondo nei primi del ’900, e una delle prime donne manager italiane, direttrice del Teatro Costanzi (l’odierno Teatro dell’Opera di Roma) dal 1912 fino al 1926. Soprano acclamata in Italia, in Europa, fino in Sudamerica, riuscì a trionfare anche come impresaria in un ambiente dominato esclusivamente da uomini portando nel suo teatro, per la prima volta in Italia, Picasso, i Balletti russi e i Futuristi. Popolarissima e insieme innovatrice, carattere indomito, libera, emancipata, sin da giovane manifestò un’indole tale da farle tenere testa a colleghi più maturi, ai concorrenti degli altri Teatri, addirittura all’autorità massima e temuta del Maestro Arturo Toscanini. E al capo del nuovo regime, Benito Mussolini. Molto, tanto, troppo, per una donna in quegli anni. Arrivata allo zenith della considerazione pubblica, Emma Carelli inizia durante il fascismo a subire contraccolpi dalla sfera privata e da quella politica. Nel 1926 il Governo la estromette improvvisamente dalla direzione del suo teatro, perché – recita un resoconto redatto dalla polizia segreta fascista – “come donna ha sviluppato un carattere indipendente che le fa assumere atteggiamenti di superiorità verso chicchessia”. Nell’Italia che si avvia verso il regime autoritario Carelli vede la fine del suo teatro, del suo matrimonio, della sua parte di protagonista nel mondo dello spettacolo. Muore in maniera cruenta nel 1928, l’anno che registra il maggior numero di donne suicide nella storia d’Italia.
Licia Maglietta
Produzione
Istituto Luce Cinecittà
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