Venezia 76: uno sguardo sui film in concorso (e non solo) - giorno 3
Difficile ridere con i tre film oggi in concorso alla 76° Mostra del Cinema, a cominciare da Joker di Todd Phillips imperniato su un giovanotto, povero in canna e appena uscito da una clinica psichiatrica, il quale di giorno si guadagna da vivere facendo pubblicità vestito da Clown e la notte tenta di affermarsi come comico. Ispirato dalla DC Comics e scritto dal regista insieme a Silver Scott, il film è interpretato da Joaquin Phoenix nei panni di Arthur Fleck, che vive con la madre a Gotham City alla fine degli anni Settanta. Insieme guardano uno Show con Robert De Niro conduttore televisivo, e loro idolo. Quando Arthur viene pestato da una gang di cinque adolescenti e il suo materiale pubblicitario distrutto, rischia di perdere il posto. E lo perde esibendosi da Clown per bambini malati perché gli cade la pistola, che un collega gli ha imposto per difendersi da altre brutali aggressioni. Tra le crisi di Arthur anche quella di risate incontrollabili, e gliene scoppia una sul vagone della Metro guardando tre distinti giovanotti che infastidiscono una ragazza. Credendosi scherniti i tre si avventano sul pagliaccio e lo picchiano selvaggiamente, ma questa volta la vittima reagisce a colpi di pistola e li uccide. È il segno di una rivolta: truccarsi da Clown per uccidere i ricchi, mentre Arthur ha ancora un conto in sospeso col conduttore televisivo. Siamo al nero: fortuna che non esiste una tonalità più scura altrimenti si andrebbe oltre. Depressione, desolazione, solitudine, impotenza, e chi più ne ha ne metta, per questo ritratto del comico che non fa ridere, in una società che protegge i più forti e dove la follia può trasformarsi in un atto di giustizia. Quasi maniacale l’ottima interpretazione di Joaquin Phoenix accanto a un Robert De Niro predatore e tuttavia sornione.
Dura un paio d’ore anche il film di Costa Gavras Adults in the room (Adulti nella stanza), sicuramente più drammatico del precedente perché parla di vicende reali, l’affossamento della Grecia da parte della Troika e del Fondo Monetario Internazionale. Dall’incontro del regista con Varoufakis, dopo le dimissioni dell’economista greco nel 2015, è nato questo film documento sotto forma di finzione nel quale viene descritta l’imposizione alla Grecia di un’austerità improduttiva che non poteva risolvere il problema del debito pubblico e che massacrava il popolo greco mediante tagli insostenibili di stipendi, pensioni, sanità pubblica e via elencando. Chiamando per nome i vari ministri europei Costa Gavras drammatizza i numerosi incontri mettendo in luce il cinismo di chi governa basandosi su cifre e profitti senza tener conto dell’aspetto culturale e umanitario dei popoli. Primo film girato in Grecia dal regista ottantaseienne che lasciò il paese a vent’anni per studiare in Francia, prende spunto da un diario di Varoufakis. Sarà interessante vedere la reazione dei politici quando il film sarà distribuito nei paesi dell’UE visto che Junker a fine mandato ha riconosciuto che è stata troppo forte la pressione esercitata sulla Grecia.
Di tutt’altro tono Ema, film di cento minuti girato a Valparaiso dal cileno Pablo Larraín, ma anche qui c’è poco da ridere. Ema (Mariana di Girolamo) è un ballerina sposata con Gastón, (Gael García Bernal), coreografo e regista teatrale. Avevano un figlio adottato, Polo, perché il marito è sterile, ma il bambino ha provocato un incendio e lo hanno restituito. Tra balletto e Reggaeton, le cose tra i due non funzionano più. La vicenda, intervallata da scene di ballo e da scene di amplessi sessuali, ha un finale a sorpresa che in parte spiega comportamenti particolari. Giovanissima, sfortunata, bistrattata, Ema risulta essere quella che mena il gioco. Pablo Larraín, da Tony Manero del 2008 al recente Jackie , è un regista affermato e premiato che questa volta ha ambientato nel suo paese una sorta di puzzle.
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