Tutti quanti voglion fare il jazz!
Sebastian: What do you mean you don't like jazz?
Mia: It just means that when I listen to it, I don't like it
Impazza “La La Land” nelle sale di tutto il pianeta, che si è aggiudicato 6 statuette dorate nella kermesse degli Oscar , il film di Damien Chazelle ci ispira una riflessione sul Jazz e di come sia stato trattato nel cinema, arte con la quale si è spesso incontrato condividendone, per certi versi, genesi ed intenti.
Ed è proprio Damien Chazelle uno dei registi che ha fatto del genere musicale nato a New Orleans alla fine dell’ottocento (per permettere di comunicare con un unico linguaggio genti diverse, come enfaticamente e pomposamente è affermato in “La La Land”) un protagonista assoluto, dei suoi, per ora, tre lungometraggi.
"Guy and Madeline on a Park Bench” (2009), "Whiplash" (2014) e “La La Land” sono a tutti gli effetti tre film d’amore jazz. Amore e musica si uniscono e si sovrappongono in una miscela esplosiva dagli esiti imprevedibili, proprio come un assolo jazz che fa dell’improvvisazione la sua cifra innervante. Il jazz è una disciplina severa quasi ascetica per Chazelle , i suoi musicisti sono dei Samurai della musica, che servono con il loro strumento, curato e venerato come una katana. Disciplina rigorosa che esige sacrificio spirituale e fisico per la quale è difficile, se non impossibile, poter nutrire e coltivare altre passioni. L’amore col jazz, dunque, ha vita difficile. I rapporti e le relazioni sono tormentate e faticose, spesso sfociano in dolori e rimpianti, in frasi non dette di cui ci si pente. Il jazz però non è solo contenuto e fonte di ispirazione per Chazelle. E anche stile narrativo e modo di fare cinema. Il suo, per lo meno quello degli esordi, è un cinema “improvvisato” , libero dagli schemi, vitale e indipendente, sciolto ed emancipato. Pur nello strutturatissimo “La La Land” (il piano sequenza iniziale è un gioiello di preparazione e precisione, studio accurato e meticoloso) si percepisce quell’aspirazione alla rottura e all’emancipazione da rigidi legacci che forse, è una delle cose migliori del film.
E se l’improvvisazione è una delle caratteristiche principali del Jazz, la mente corre ad un grande del passato, Parliamo di John Cassavetes (al quale Damien deve certamente qualcosa) e del suo cinema famoso per l’estemporaneità e l’estrema libertà da schemi precostituiti , così lontano dalle sovrastrutture hollyvoodiane.
E non è un caso che il suo secondo film (“Blues di mezzanotte” – 1961) sia proprio un inno all’anticonformismo ed abbia come protagonista un pianista jazz idealista ed utopista.
Che cinema e jazz siano intimamente legati, non sono solo a dimostrarlo i film di cui abbiamo parlato e di cui parleremo in seguito. Nel 1927, infatti, esce il primo film col sonoro ed il suo titolo è, come molti sanno, “Il cantante di jazz” dove Al Jolson canta ben nove canzoni musicate (in realtà il parlato si riduce ad un minuto e poco più). Ma è l’inizio. Il jazz diviene la colonna sonora di molti film a seguire, a partire da “Il re del jazz “(1930) di John Murray Anderson. Al Jolson – cantante , compositore ed attore – canta dunque nove standard jazz ed inaugura in tal modo il connubio cinema e jazz.
Nel 1929 King Vidor gira “Alleluja!”, film di importanza storica, in quanto per la prima volta vennero descritte le condizioni di vita dei neri nel Sud degli Stai Uniti, immagini forti accompagnate dalla musica composta da Irving Berlin, probabilmente il più grande autore di standard della storia della musica.
Causa anche la crisi economica e finanziaria che investì l’America in quegli anni – che comportò un rallentamento anche nello sviluppo dell’applicazione del sonoro al cinema, si dovrà aspettare il 1937 per l’uscita di “Hollywood Hotel” con Benny Goodman e la sua orchestra.
Bing Crosby intrepreta un clarinettista in “Birth of the Blues” – 1941 - di Victor Schertzinger. Sempre del 1941 è “Second Chorus” (Follie di jazz) di Harry C. Potter con Paulette Goddard e Fred Astaire ma soprattutto l’orchestra diretta da Artie Shaw, nei panni di se stesso .
Del 1943 è “Stormy Weather” di Andrew Stone prodotto dalla Fox. Il titolo è uno dei brani jazz più noti, eseguita da molte Jazz singers, qui è Lena Horne ad esibirsi, oltre a lei il pezzo fu cantato da Ella Fitzgerald, Etta James, Dina Washington e Billie Holiday. Film, anche questo, di valore storico sociale. Infatti , nello stesso anno, anche un’altra major, la MGM con “Due cuori in cielo” di Vincente Minnelli decise di realizzare un film con un cast composto tutto da attori di colore. Due progetti coraggiosi in un periodo nel quale ancora la discriminazione raziale era molto forte e presente.
Louis Armstrong, Billie Holiday, Woody Herman (nella versione italiana doppiato da Alberto Sordi) sono i protagonisti di “La città del Jazz” (New Orleans) del 1946. Nel film di Arthur Lubin ritroviamo le tematiche jazz e amore, ancora fonte di dolore e grandi problemi. Carriera e sentimenti non vanno di pari passo, sarà Louis Armstrong, nei panni di se stesso, il deus ex machina che risolverà il dramma sentimentale….
Il 1947 inaugura un genere importante legato al mondo del jazz al cinema, quello delle biografie. Probabilmente perché spesso di vite tormentate e storie dolorose trattasi, le biografie dei musicisti jazz hanno riscosso molto successo tra gli sceneggiatori ed i soggettisti. Il primo Biopic è quello dedicato ai fratelli Tommy e Jimmy Dorsey; si tratta di “The Fabulous Dorseys” di Alfred E.Greenn, film nel quale appaiono gli stessi fratelli, riappacificatisi dopo una lite durata 15 anni, – truccati con grande perizia – che interpretano se stessi da giovani.
Nel solco della biografia dei Dorsey Brothers, furono realizzati molti film ispirati alla vita di musicisti jazz più o meno famosi. Bix Beiderbecke in “Chimere”(Young Man with a Horn) di Michael Curtiz con Kirk Douglas del 1950 con Doris Day e Hoagy Carmichael, James Stewart interpretò la parte di Glenn Miller in “La storia di Glenn Miller” (The Glenn Miller story) di Anthony Mann del 1952, “Il re del jazz” (The Benny Goodman Story) di Valentine Davies del 1955, Nat King Cole interpretò la parte di W.C.Handy in “St.Louis Blues” (id) di Allen Raisner del 1958, Sal Mineo fu Gene Krupa in “Ritmo Diabolico” (The Gene Krupa Story) di Don Weis del 1958, Danny Kaye impersonò Red Nichols ne “I cinque Penny”(The Five Pennies) di Melville Shavelson nel 1959.
Del 1972 è La signora del blues (Lady Sings the Blues), diretto da Sidney J. Furie ed interpretato da Diana Ross. La vita di Billie sembra essere il paradigma di molte esistenze dei musicisti del secolo passato (e non solo di quelli vicini al jazz). Una vita drammatica e tormentata, costellata di grandi sofferenze prima di raggiungere il successo come una delle più grandi e apprezzate cantanti di jazz e blues. Naturalmente, tutto inutile. Billie non si godrà , come si sa, fama e successo, stroncata dall’abuso di alcool e droghe.
Non è propriamente un biopic il film del 1986 di Bertrand Tavernier “'Round Midnight - A mezzanotte circa”, anche se ispirato ad un’amicizia realmente esistita tra un giovane francese e il sassofonista Baden Powel, a Parigi nel 1959. Probabilmente è uno dei più belli, però, e di maggior atmosfera, quella, per l’appunto che in gergo è chiamata Round MIdnight (l’ora intorno alla mezzanotte, il titolo di una celebre composizione di Thelonious Monk), il magico momento musicale che si rinnova ogni notte in un fumoso e notturno club in cui si fa jazz… Dexter Gordon interpreta il tormentato sassofonista venuto dall’America a cercare salvezza e redenzione a Parigi.
Del 1987 è “Bird” di Clint Eastwood con Forest Withaker mentre “Let's Get Lost – Perdiamoci” è un documentario del 1988, scritto e diretto da Bruce Weber, basato sulla vita del jazzista Chet Baker, scritto come un romanzo.
“ Bix, un’ipotesi leggendaria” (1991) diretto da Pupi Avati, è invece basato sulla biografia del jazzista Bix Beiderbecke. Del film Lino Patruno, che fu chiamato dai fratelli Avati a collaborare al soggetto, ci dice: ”Pupi mi chiamò per scrivere questo film assieme a lui e al fratello Antonio e mi pregò inoltre di produrre la colonna sonora del film che realizzai a Roma chiamando alcuni grandi musicisti dagli Stati Uniti. Per gli arrangiamenti chiamai Bob Wilber che qualche anno prima nel 1984 aveva curato la colonna sonora di “ Cotton Club” di Francis Ford Coppola con Richard Gere. Girammo il film negli Stati Uniti a Davenport nell’ Iowa (la città natale di Bix), a Chicago e in alcune località dell’Illinois. Addirittura le sequenze in casa Beiderbecke furono girate nella stessa casa in cui Bix visse da ragazzo e gran parte degli episodi che scrissi mi erano state raccontate molti anni prima dal violinista Joe Venuti (con il quale suonai a lungo negli anni ’70) che fu accanto a Bix dal 1924 al 1931 anno in cui scomparve all’età di 28 anni.”
Un anno prima Spike Lee aveva letto le autobiografie di Charlie Mingus e Miles Davis per tracciare i contorni del personaggio del trombettista Bleek Gilliam in “Mo’ Better Blues”, con Denzel Washington come protagonista.
“ Straight, No Chaser” è un documentario del 1988 su Thelonious Monk, del 1998 è “Triumph of the Underdog” , un documentario su Charles Mingus. Recentissimo è “Miles Ahead” (2016) , che racconta un paio di giorni pericolosi della vita di Miles Davis (Don Cheadle), il quale fuoriuscito da un suo periodo di silenzio creativo, si allea con uno scrittore di Rolling Stone (Ewan McGregor) per riprendersi la sua musica.
E siccome di musica trattasi, il jazz non poteva essere protagonista del Musical, uno dei generi più cari alla cinematografia americana.
“Jivin’ in be bop” è del 1947, con Dizzy Gillespie traghettatore del jazz “facile” verso forme musicali di maggiore qualità.
Il celebre “Alta società” è del 1956; diretto da Charles Walters, con Bing Crosby, Grace Kelly e Frank Sinatra e la colonna sonora con canzoni scelte esclusivamente nel repertorio di Cole Porter.
“Cotton Club” esce nel 1984 con Richard Gere che suona davvero gli assoli di cornetta. La colonna sonora è completamente basata sulle musiche dei grandi artisti che diedero lustro al famoso locale: Duke Ellington, Louis Armstrong, Cab Calloway . Tom Waits interpreta un piccolo cameo nella parte di Irving Stark. Il film, sfiora anche gli Oscar, ed è diretto da Francis Ford Coppola. Sette anni prima Martin Scorsese aveva diretto invece “New York New York”: Francine Evans (Liza Minnelli) e Jimmy Doyle ( Robert De Niro) cantante jazz e sassofonista si incontrano e si perdono sullo sfondo delle loro carriere di artisti jazz. La canzone principale, "Theme from New York, New York", che nel film Jimmy scrive per Francine, divenne celebre quando Frank Sinatra ne registrò una cover nel 1980. Entrambe le versioni (quella di Sinatra e quella di Minnelli) divennero un simbolo di Manhattan e Liza Minnelli continua tutt'ora ad eseguirla. In proposito, gustatevi la versione cantata da Carry Mulligan in “Shame” (2011).
Una menzione particolare la meritano tre grandi registi legati alla musica jazz. Mi riferisco ad Otto Preminger , Marin Ritt e Woody Allen-
Il primo realizza “L’uomo dal braccio d’oro” (The Man with the Golden Arm) del 1955 con Frank Sinatra e la musica di Shorty Rogers e Shelly Manne; “Anatomia di un omicidio” (Anathomy of a Murder) del 1959 con James Stewart e la musica di Duke Ellington e “Porgy and Bess” sempre del 1959 con Cab Calloway e Sammy Davis jr.
Martin Ritt nel 1961 gira “Paris Blues” con Paul Newman e Sidney Poitier nelle vesti di un trombonista e di un sassofonista americani ingaggiati da un jazz club parigino. Al film presero parte anche Louis Armstrong, Duke Ellington e Serge Reggiani che interpreta la parte di un chitarrista zingaro ispirato alla figura di Django Reinhardt.
Infine Allen, che nel 1999 dirige “Accordi e disaccordi”, che utilizzando la forma del falso documentario abbozza la storia di Emmet Ray (Sean Penn) chitarrista jazz , ispirata alla vita di Django Reinhardt. La passione di Woody per il jazz è comunque storicamente documentata dall’utilizzo che spesso fa il regista americano di standard jazz nelle colonne sonore dei suoi film oltre dal fatto di essere un virtuoso del clarinetto con il quale si esibisce assieme alla sua band tutti i lunedì sera al Cafè Carlyle di Manhattan (fino al 1997 suonavano al Michael's Pub).
E in Italia?
Oltre al già citato “Bix, un’ipotesi leggendaria” di Pupi Avati (anche lui grande appassionato di jazz, anche lui suonatore di clarinetto; le leggende raccontano che il suo posto in una jazz band bolognese gli fu soffiato addirittura da Lucio Dalla) si possono citare “Piano, solo” uscito nel 2007 e diretto da Riccardo Milani che racconta la storia, tristissima e drammatica, del pianista jazz Luca Flores ottimamente interpretato da Kim Rossi Stewart e “7/8 – Sette Ottavi” (2006) di Stefano Landini, un film molto particolare nel quale viene raccontata la storia vera di un gruppo di musicisti jazz imprigionati nell’Italia fascista a causa della loro passione per un genere che veniva considerato arte degenerata e veicolo di idee malsane….
Insomma, tutto può dirsi ma non che il jazz al cinema sia di competenza dei soliti quattro gatti… perché come cantano Romeo e la sua band di felini ne Gli Aristogatti: Tutti quanti, tutti quanti, tutti quanti voglion fare il Jazz!