Sitges: 53 Festival Internacional de Cinema Fantastic de Catalunya - giorno 1
Con oltre 200 film in catalogo e ben 33 nella Secció Oficial Fantàstic Competició, il 53 Festival Internacional de Cinema Fantastic de Catalunya si svolge in cinque sale fino a domenica 18. E nell’Auditori, il principale teatro della manifestazione, dove le sue 1.500 poltrone sono ridotte a 750 causa Covid 19, le proiezioni si susseguono con piccoli intervalli dalle 8.15 del mattino fino alle 3 del mattino successivo.
Dall’ondata dei primi film, da segnalare tre anteprime mondiali spagnole. Di Juanma Bajo Ulloa (Alas de mariposas, Airbag), una sorta di labirinto mentale nella testa di una ragazza drogata che ha venduto il suo neonato. Baby, (106 minuti), interpretato da Rosie Day descrive il senso di colpa della giovane che rintraccia una fatiscente e sperduta casa di campagna dove è stato portato il bebè. Vi si introduce pericolosamente perché potrebbe essere scoperta da tre donne senza scrupoli ma vuole tentare di riprendersi il figlio. Nella casa diroccata, infestata dai topi, con porte e finestre sbarrate, rubinetti che gocciolano e ferraglie arrugginite, la ragazza si troverà intrappolata in uno spazio circoscritto nel quale muoversi ora da protagonista, ora da preda. Una volta stabilito il tema, il regista non aggiunge altro al racconto se non tensioni e sotterfugi con macabre scoperte e finale resa dei conti.
Squisitamente mentale anche l’eccentrico racconto Un efecto óptico (Una illusione ottica, 78 minuti) del regista e drammaturgo Juan Cavestany. Autore tra il 2010 e il 2013 della trilogia Dispongo de barcos, El señor, Gente en sitios, dirige ora una commedia dai toni minimalistici su una coppia di mezz’età di Burgos, Alfredo e Teresa, che stanchi della routine quotidiana decidono di pagarsi un viaggio a New York. In albergo programmano le visite per il giorno dopo, ma lungo le strade della Grande Mela sperimentano un senso di spaesamento. All’interno del Metropolitan Museum scorgono pitture che avevano visto al Museo del Prado, le architetture della città assomigliano a quelle di Burgos, e persino la statua della libertà non sembra coincidere con quella delle cartoline. Non solo, ma incubi notturni assillano Alfredo che ripete sempre il sogno del viaggio dove appare anche la figlia inseguita da sconosciuti malfattori. Piccole incomprensioni spingono spesso Teresa a chiudersi in bagno e a mangiarsi mortadella e prosciutto acquistati in Spagna a insaputa del marito. E poi un nuovo idillio, l’affiatamento, ed eccoli ritrovarsi nelle strade di Manhattan, quella vera, entusiasti di riconoscere la metropoli. Sembra un gioco, o film scommessa, resta tuttavia un simpatico esperimento.
Scenografo, regista di cinema e di teatro, Lluís Danés ha portato tutte le sue stelle sul palcoscenico di Sitges per la prima mondiale della grande produzione La vampira de Barcelona, (minuti 106). Ispirato da un fatto reale dei primi anni del Novecento a Barcellona dove vennero denunciate misteriose scomparse di bambine nei quartieri poveri della città, il film denuncia la classe agiata: i magistrati, gli industriali, i politici e la polizia che eliminarono tutte le prove dei reati e dei comportamenti dei quali godevano ampiamente. Lo fa attraverso le indagini di un giornalista morfinomane, Sebastià Comas, che introducendosi in un famoso bordello del quartiere del Raval, scopre personaggi altolocati che abusavano di bambine sequestrate. Riuscirà soltanto a mandare in prigione Enriqueta Martí, la tenutaria del bordello, subito definita da tutti i giornali La vampira de Barcelona. Scoprirà in un secondo momento l’innocenza della donna, ma nessuno pubblicherà la notizia per non danneggiare le autorità, che anzi si occuperanno di mettere fuori causa lo scomodo personaggio. Ambientato in una rituale ricostruzione dei vicoli della Barcellona inizio XX secolo dai toni espressionistici, il regista spinge all’eccesso situazioni drammatiche e lacerazioni anatomiche, e insiste con aggressioni verbali contro personaggi che non ci sono più.
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