Sitges 2019 - 52° Festival Internazionale del Cinema Fantastico: giorno 1
Il più grande spettacolo di cinema fantastico del mondo ha riaperto le porte: dal 3 al 13 ottobre il 52 Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya presenta 171 film con 355 proiezioni. Sono già stati venduti 46.567 biglietti e sono previsti circa 200.000 visitanti. 542 i giornalisti accreditati e ben 845 i professionisti dell’industria cinematografica. Se si aggiunge che saranno presentati 37 libri di genere e che ci sono cinque sezioni di concorso: Secciò Oficial Fantàstic, Orbita, Noves Visions, Midnight X-Treme, Animat, non resta che accostarsi al tappeto rosso e completare questo universo fantastico che tra numerosissimi ospiti premierà anche i nostri Asia Argento e Pupi Avati.
Il regista statunitense Vincenzo Natali che esordì nel 1997 con Cube, premiato come miglior film di quell’anno a Sitges, ha presentato il film d’apertura tratto da un racconto di Stephen King e di suo figlio Joe Hill, In the tall Grass (Nell’erba alta). Più che un racconto un incubo lungo 90 minuti nel quale si può morire più volte e ciononostante ritrovarsi vivi. Due fratelli, Cal e Becky, lei è incinta, sulla strada verso San Diego fermano la macchina. Lei non si sente bene, e vorrebbe tornare indietro, quando il lamento di un bambino, da un fogliame alto oltre due metri, attira la sua attenzione. Fanno l’errore d’inoltrarsi nella campagna, e rischiano di non uscirne più. Come il canto di una sirena il lamento di Toby li farà girare a vuoto nel verde dove incontreranno anche il padre del nascituro, ma soprattutto quello di Toby, sorta di fondamentalista religioso col quale ingaggiano violente lotte. L’energumeno è interpretato da Patrick Wilson, premiato in apertura di Festival con La macchina del tempo, e tra gli altri anche Harrison Gilbertson e Rachel Wilson, in una vicenda per aficionados che ripropone il tema del labirinto che fece il successo di Cube. Meno geometrico e sicuramente più tortuoso del percorso del precedente film, questa volta segue movimenti a volte concentrici e mai lineari, confinando i protagonisti in spazi circoscritti nei quali gli scontri rivelano la vera natura dei personaggi.
Sicuramente più divertente, anche se il termine è del tutto inappropriato, il film d’apertura della sezione Noves Visions, Dogs don’t wear Pants (I cani non indossano pantaloni) del finlandese Jukka-Pekka Valkeapää, già presentato alla Quinzaine di Cannes. Un profondo senso di colpa ha colpito Juha per la morte della moglie, affogata nel lago durante una vacanza. Ha tentato inutilmente di salvarla e nel tempo ha condensato un desiderio di morte che un’occasione lo porta a pratiche sadomasochistiche. Chirurgo in un ospedale, viene a sapere che una giovane esperta fisioterapista si esibisce di notte in un club dove uomini pagano per essere dominati e percossi. Interpretata da Krista Kosonen, Mona è rivestita di cuoio nero e di bulloni e assume un atteggiamento che incute paura. Juha (Pekka Strang), sarà costretto a muoversi a quattro zampe come un cane, verrà maltrattato e fustigato, ma soprattutto chiuderà le sedute con la simulazione di uno strangolamento che la donna esegue serrando la testa in una busta di plastica e pressandogli il collo. C’è il rischio del soffocamento che Mona evita sapientemente ma che Juha sembra volere: desidera morire senza suicidarsi. E in ogni seduta chiede che la simulazione abbia una maggiore durata, fino a quando dovrà essere rianimato e ricoverato in ospedale. Dopodiché lei non vuole più incontrarlo, ma il chirurgo è tenace e pronto ad affrontare qualsiasi dolore per riprendere una consuetudine con una donna che ha imparato ad apprezzare. Il film dura 105 minuti, ma la sentita e calibrata interpretazione dei due protagonisti e l’inatteso senso di humour del regista non lasciano spazio alla considerazione del tempo che passa perché a suo modo il film è un thriller, un’originale introspezione dell’animo e una storia di amor fou.
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