Shark movies: gli squali killer al cinema!
Diretto dallo stesso Jaume Collet-Serra che ci aveva regalato, tra gli altri, il La maschera di cera (2005) in cui finiva impalata la sexy ereditiera Paris Hilton, Paradise beach: Dentro l’incubo vedrà dal 25 Agosto 2016 Blake Lively impegnata a sfuggire ad un gigantesco squalo bianco intento a divorarla nelle acque di una isolata spiaggia, ideali per fare surf.
Teso al punto giusto e capace di coinvolgere lo spettatore fotogramma dopo fotogramma, si tratta senza alcun dubbio di uno dei migliori esempi di sempre rientranti nel filone degli shark movie, ovvero la costola dell’eco-vengeance (sottogenere dell’horror costituito da film su animali assassini) relativa agli squali ammazza-uomini.
Costola tra i cui precursori potremmo almeno citare gli avventurosi Killer shark (1950) di Budd Boetticher e Tra squali tigre e desperados (1974) di Cornel Wilde, ma che non possiamo fare a meno di considerare inaugurata dall’incredibile successo riscosso da Lo squalo (1975) di Steven Spielberg.
Non solo Spielberg...
Tratta da un best seller di Peter Benchley, infatti, l’appassionante vicenda che vede Roy Scheider, Robert Shaw e Richard Dreyfuss a caccia del pericoloso bestione del titolo, terrore dei bagnanti dell’isola di Amity, non solo si è trasformata immediatamente in un vero e proprio capolavoro della paura da grande schermo, ma ha finito per dare il via ad una vera e propria saga.
Saga costituita dal riuscito Lo squalo 2 (1978) di Jeannot Szwarc, immerso in salsa slasher con gruppo di ragazzi assediati in alto mare dal mostro pinnato, dal mediocre Lo squalo 3 (1983) di Joe Alves, girato addirittura in tre dimensioni e ambientato in un parco acquatico, e dal grottesco Lo squalo 4 – La vendetta (1987) di Joseph Sargent; quest’ultimo interpretato da Michael Caine e Mario Van Peebles e nel quale, assurdamente, il pesciolone killer si rivela in grado di riconoscere qualsiasi persona imparentata con la famiglia dello sceriffo Martin Brody (il già citato Scheider, in realtà presente solo nel primo dei tre sequel).
Una saga che, ovviamente, non ha potuto fare a meno neppure di generare imitazioni; a cominciare da Mako – Lo squalo della morte (1976) di William Greefe, riguardante un giovane sub in possesso di un amuleto che gli permette sia di immunizzarlo dai feroci predatori marini che di sfruttarli per uccidere coloro che non lo rispettano, e Shark Kill (1976) di William A. Graham, praticamente un clone del classico spielberghiano destinato, però alla televisione.
Come pure Shark’s paradise (1986) di Michael Jenkins, con ricattatori che minacciano di diffondere in mare le temibili fauci, e Cibo per squali (1991) di Robert Iscove, basato sul massacro dei sopravvissuti all'affondamento della USS Indianapolis nel 1945.
Senza contare Manidù - Uno squalo ribelle, un indigeno selvaggio, un fiore di ragazza (1981) di Frank C. Clarke, maldestro tentativo di accostare al filone una vicenda in stile Laguna blu (1980), il tardo Aatank (1996) di Peter Lalwani, ovvero Lo squalo secondo Bollywood, e il Tintorera (1977) che, incentrato su un playboy contornato di nudissime amanti e intento ad eliminare uno squalo tigre, vide al timone di regia il messicano René Cardona Jr. che pose anche un branco di pescecani ai danni dei superstiti del catastrofico Cyclone (1978).
Bianco, rosso e... verdesca!
E non potevano certo mancare all’appello gli italiani, che, oltre a sfornare più o meno discutibili prodotti con piranha e piovre pronti a sgranocchiare poveri innocenti, negli ultimi anni della stagione d’oro del loro cinema di genere non esitarono a tirare fuori L'ultimo squalo (1981), messo in piedi dall’Enzo G. Castellari già responsabile dell’avventuroso Il cacciatore di squali (1979) con Franco Nero.
Un’operazione tanto rozza quanto capace di ottenere un enorme successo negli Stati Uniti, dove venne addirittura accusata di plagio dalla Universal, e di cui troviamo diverse immagini riciclate sia in Deep Blood - Sangue negli abissi (1989) che in Fauci Crudeli - Cruel Jaws (1995).
Firmato da Raf(faele) Donato (addetto all’archivio film di Martin Scorsese) ma in realtà realizzato dal Joe D’Amato alias Aristide Massaccesi che si è occupato anche della fotografia sotto pseudonimo Federiko Slonisko, il primo narra di quattro ragazzi legati fin da bambini da un patto di sangue ed alle prese uno squalo bianco che sembra essere l’incarnazione del mostruoso essere marino chiamato Wakan.
Concepito col nome William Snyder dal Bruno Mattei che ci dispensò lo zombie movie Virus – L’inferno dei morti viventi (1980) e Rats – Notte di terrore (1984), invece, il secondo è bene o male una stanchissima scopiazzatura (del tutto priva di fantasia) dello stracult castellariano.
Ma non dimentichiamo neppure la variante action La notte degli squali (1988) di Anthony Richmond alias Tonino Ricci e Shark: Rosso nell'oceano (1984), attraverso cui Lamberto Bava ha azzardato un ibrido tra pescecane e polipo creato in laboratorio; anticipando di oltre due decenni lo Sharktopus (2010) di Declan O’Brien e i cross over Sharktopus vs. pteracuda (2014) e Sharktopus vs. whalewolf (2015) di Kevin O’Neill, prodotti per il piccolo schermo dal re dei b-movie Roger Corman che, in un certo senso, precorse il sottogenere già dirigendo Le Dee della scogliera del pescecane (1958).
Occhio alla pinna!
Lo stesso Corman che, non accreditato, ricoprì il ruolo di produttore esecutivo in Up from the Depths (1979) di Charles B. Griffith, derivazione trash del prototipo di Spielberg; oltre a finanziare un Dinoshark (2010) per la regia del già menzionato O’Neill.
Lavoro rientrante nella mastodontica ondata di shark movie a basso costo che – spesso pullulante di orridi effetti digitali – ha investito la Settima arte maggiormente exploitation tra la fine del secondo millennio e l’inizio del terzo, soprattutto in seguito all’uscita del blockbuster Blu profondo (1999) di Renny Harlin e del contemporaneo straight to video Shark attack – Squali all’attacco (1999) di Bob Misiorowski.
Perché bisogna dire che, producendo anche le continuazioni Shark Attack 2 (2000) e Shark Attack 3: Emergenza squali (2002) di David Worth, Shark Zone (2003), Shark Invasion (2005) e Shark in Venice (2008) di Danny Lerner, è stata proprio Nu Image/Millennium Films a stimolare in maniera fondamentale il ritorno delle terrorizzanti pinne al cinema, pur ponendole sempre più contro scienziati e militari assortiti da film d’azione anziché utilizzarle in qualità di azzanna-villeggianti.
La stessa Nu Image/Millennium Films nel cui catalogo rientra lo SharkMan - Una nuova razza di predatori (2005) di Michael Oblowitz che, proponendo incroci tra uomo e squalo, si è praticamente riallacciato a quanto affrontato da Bob Keen e Stuart Gillard rispettivamente in Proteus (1995) e Creatura (1998).
Tutti elaborati distribuiti in un periodo in cui, oltre alla coppia rimasta al largo in Open Water (2003) di Chris Kentis, i fotogrammi in movimento hanno ospitato Shark (1998) di Zac Reeder, Shark hunter – Lo squalo è vivo! (2001) di Matt Codd, Megalodon (2002) di Pat Corbitt, Dark waters (2003) di Phillip J. Roth, con protagonista Lorenzo Lamas, il non disprezzabile Red water – Terrore sott’acqua (2003) di Charles Robert Carner, con Lou Diamond Phillips e uno squalo toro nelle acque dolci della Louisiana, Blue Demon (2004) di Daniel Grodnik, Il fiume del terrore (2004) di Jack Sholder, ispirato a fatti realmente accaduti nel 1916 lungo la costa del New Jersey come pure Blood in the Water (2009) di Richard Bedser, il bikini massacre di Spring Break Shark Attack (2005) di Paul Shapiro e il tedesco Hai-Alarm auf Mallorca (2004) di Jorgo Papavasiliou, con al proprio centro il Ralf Möeller che aveva affiancato Jerry Calà ed Ezio Greggio nella commedia Occhio alla perestrojka (1990).
Frittura di pesce(cane)
Un massiccio ritorno che, in un’epoca in cui l’alta spettacolarità sembra essere diventata monopolio delle grandi produzioni hollywoodiane e di elaboratissimi effetti speciali, non ha potuto fare altro che spingere le factory più o meno indipendenti a camuffare i modesti risultati low budget – quasi sempre destinati alla tv – orientandosi sempre più dalle parti della parodia e delle assurdità.
A tal proposito, se in tempi recenti hanno fatto le loro apparizioni Zombie shark (2015) di Misty Talley, le minuscole creature di Piranha sharks (2014) di Leigh Scott, gli squali dediti a costruzioni di dighe con corpi umani (!!!) di Dam sharks (2016) di James e Jon Kondelik, Atomic shark (2016) di A.B. Stone, 90210 shark attack (2014) di David Decoteau e il translucidissimo spettro dalle branchie di Ghost Shark (2013) di Griff Furst e di Ghost shark 2: Urban jaws (2015) di Johnny Hall e Andrew Todd, non dobbiamo dimenticare che questa tendenza si è fatta strada in particolar modo dopo l’uscita di Mega shark versus giant octopus (2009) di Jack Perez, con i suoi aerei addentati ad alta quota e altre divertenti imprese.
Un cult istantaneo del trash prodotto dalla stessa Asylum che, oltre ai sequel Mega shark versus crocosaurus (2010) di Christopher Ray, Mega shark versus mecha shark (2014) di Emile Edwin Smith e Mega shark versus Kolossus (2015), ancora di Ray, non si è lasciata scappare neppure l’occasione di far dirigere all’effettista Anthony C. Ferrante il chiacchieratissimo poker di film riguardanti pescecani lanciati sugli umani da cicloni: Sharknado (2013), Sharknado 2: A volte ripiovono (2014), Sharknado 3 (2015) e Sharknado 4: The 4th Awakens (2016).
La stessa Asylum il cui catalogo include gli innevati Planet of the sharks (2016) di Mark Atkins e Ice sharks (2016) di Emile Edwin Smith, 2-headed shark attack (2012) e 3-Headed Shark Attack (2015), entrambi per la regia di Christopher Ray come Shark week (2012), infarcito di contesto thriller alla Saw – L’enigmista (2004).
Sebbene non sia stata l’unica label a proporre shark movie di taglio più o meno demenziale, in quanto, al di fuori delle sue “mura”, hanno visto la luce, tra gli altri, Snow Shark: Ancient Snow Beast (2011) di Sam Qualiana, Sand Sharks (2012), concepito dal Mark Atkins di cui sopra, Super shark (2011) di Fred Olen Ray, Jurassic Shark (2012) di Brett Kelly, Avalanche Sharks (2014) di Scott Wheeler, Raiders of the lost shark (2015) di Scott Patrick, Shark Exorcist (2015) di Donald Farmer e Jersey Shore Shark Attack (2012) di John Shepphird, comprendente nel cast il veterano Jack Scalia.
Perché, tra un Marina Monster (2008) di Christine Whitlock, un Jaws in Japan (2009) di John Hijiri e un Malibu Shark Attack (2009) di David Lister, non si sono tirati indietro neppure i nomi noti davanti alle creature acquatiche più temobili dello schermo; dalla Daryl Hannah di Shark Swarm - Squali all'attacco (2008) di James A. Contner al Dolph”Ti spiezzo in due”Lundgren del pessimo Shark Lake (2015) di Jerry Dugan, passando per il Robert Davi del non disprezzabile Killer Shark (2011) di Griff Furst, la Halle Berry di Dark Tide (2012) di John Stockwell e il Robert Redford alla deriva di All Is Lost - Tutto è perduto (2013).
A momentanea conclusione di una inarrestabile invasione che, oltre a riservare l’australiano The Reef (2010) di Andrew Traucki, è tornata anche a sperimentare la visione tridimensionale, inoltre, tramite il massacro di giovani in vacanza di Shark Night – Il Lago del Terrore (2011) di David R. Ellis e il supermercato post-tsunami di Shark 3D (2012) di Kimble Rendall, anch'esso partorito dalla terra dei canguri.